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                 chimia e la chimica. Su quest’ultimo punto occorre fare qualche preci-
                 sazione: infatti la parola «chimica» non ricorre mai nel trattato, ma
                 piuttosto quella di scuola «ermetica»; ciò che è più importante sottoli-
                 neare tuttavia è che a Gatta non interessasse tanto difendere la setta
                 ermetica (di cui dichiara di non far parte) quanto, semplicemente, le
                 pratiche che a suo avviso consentivano di elaborare utili rimedi contro
                 il morbo.
                    In sintesi, nel trattato di Gatta si riscontra una visione nuova della
                 peste, pur se si accetta ancora la tradizionale concezione del corpo e
                 della salute. Attraverso sia la lettura degli aforismi di Santorio, sia il
                 confronto con trattati che in vari casi erano per lui fuorvianti, in altri
                 invece fornivano spunti utili (come sul salasso), Gatta matura l’idea
                 che  occorresse  rigettare  definitivamente  e  senza  compromessi  il
                 modello eziologico miasmatico, a favore di una teoria che attribuiva
                 l’origine del male ai soli corpuscoli, che non nascevano da nulla (la
                 peste non nasceva spontaneamente). Sfrondando molto le teorie che
                 solitamente si proponevano, mostra la necessità dell’isolamento come
                 solo certo rimedio preventivo. Se è vero che già Ficino consigliava la
                 fuga, il maggiore merito di Gatta è consistito nell’aver dimostrato scien-
                 tificamente perché fosse il solo modo per non essere contagiati e di aver
                 mostrato alla luce di ciò come la peste a Napoli non fosse stata ade-
                 guatamente gestita. Con il suo trattato, così chiaro nell’illustrazione di
                 cause e rimedi possibili, rispettoso verso gli antichi 150 , ma non al punto
                 da distorcere i dati emersi con l’esperienza, voleva dare un contributo
                 concreto perché in futuro si evitassero tragedie simili. Meno che mai
                 all’incrocio tra medicina e politica si doveva dare ascolto alla voce degli
                 adulatori, di quelli che chiama «medicastri».























                    150  In una prospettiva sincretica di lunga durata: cfr. Musi, La disciplina del corpo.
                 Le arti mediche e paramediche nel Mezzogiorno moderno cit., p. 102.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018     n.44
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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