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La vita dell’arciprete di Sondrio Nicolò Rusca (1563-1618) e la storia del suo culto di santità 463
stione di legittimità la principale differenza tra la sua autorità e quella
di Calandrini: egli, infatti, era stato nominato all’ufficio di arciprete
direttamente da Dio grazie alla mediazione dei prelati della Chiesa cat-
tolica che lo avevano elevato a quell’incarico; a questo argomento
Calandrini aveva opposto il fatto che «la mia autorità, dunque, per
usare il vostro modo di dire; o la vocation mia, per usare il nostro» era
invece scaturita dal sinodo della Rezia, una sorta di collegio dei ministri
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evangelici, che lo aveva promosso pastore .
Questi scontri dottrinari che videro protagonista Rusca sono parte
integrante di un’intera vicenda storica che non può essere disgiunta
dalla realtà geografica della Valtellina, in cui le ampie valli, le alte mon-
tagne e i tanti «paesi stretti» che componevano quella terra di confine
sembravano quasi accompagnare, con la loro stessa conformazione
territoriale, l’esistenza di una realtà pluriconfessionale basata su un
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forzato pluralismo religioso . Secondo la visita pastorale del vescovo
di Como Filippo Archinto, la Valtellina nel 1614 era una delle regioni
con la «più ampie e fertile valle di tutta l’Europa» , con centomila abi-
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tanti divisi in centoventi paesi e frazioni, costretti a sopportare il duro
giogo dei Grigioni dai cui magistrati erano spremuti «in tutti i modi
leciti e illeciti» a causa della loro «insaziabile ingordigia». I protestanti
erano circa tremila, sparsi nei maggiori centri, e dunque di piccolo
numero ma col vantaggio di godere della protezione dei magistrati civili
«per lo più eretici che procurano ai cattolici molestie innumerevoli,
suscitano persecuzioni, infliggono loro danni deplorevoli, specialmente
ai religiosi».
18 Cfr. F. Valenti, Le dispute teologiche tra cattolici e riformati nella Rezia del tardo Cin-
quecento. Primato del Papa, divinità di Cristo, sacrificio della messa, Tipografia Ignizio,
Sondrio, 2010, p. 158 (lettera di Calandrini a Rusca del 9 gennaio 1592).
19 Sulla complessa realtà demo-antropologica della diocesi di Como, di cui faceva parte
la Valtellina, si veda R. Merzario, Il paese stretto. Strategie matrimoniali nella diocesi di
Como, secoli XVI-XVIII, Einaudi, Torino, 1981. Sul territorio di frontiera (geografica, poli-
tica, religiosa, culturale) dei Grigioni si rinvia a C. Di Filippo Bareggi, Una terra lombarda
ritrovata: la Valtellina, Bormio e Chiavenna, in G. Rumi (a cura di), La formazione della
Lombardia contemporanea, Laterza, Roma-Bari, 1998, pp. 177 e 206-207, ad Ead., Le
frontiere religiose della Lombardia. Il rinnovamento cattolico nella zona ‘ticinese’ e ‘retica’
fra Cinque e Seicento, Unicopli, Milano, 1999, pp. 70, 73, 149, 191-195, alle raccolte di
saggi di A. Pastore (a cura di), Riforma e società nei Grigioni. Valtellina e Valchiavenna tra
‘500 e ‘600, Franco Angeli, Milano, 1991, S. Peyronel (a cura di), Frontiere geografiche e
religiose in Italia. Fattori di conflitto e comunicazione nel XVI e XVII secolo», «Bollettino della
società di studi valdesi», n. 177 (1995) e, infine, al volume del 1975 ripubblicato da A.
Pastore, Nella Valtellina cit., pp. 51, 60, 72-73.
20 Cito qui e a seguire dagli atti della visita pastorale del 1614 pubblicati in G. Antonioli,
S. Xeres (a cura di), Filippo Archinto, vescovo di Como (1595-1621): visita pastorale alla dio-
cesi. Edizione parziale (Valtellina e Valchiavenna, pieve di Sorico, Valmarchirolo)», New Press
1995, Como, «Archivio Storico della Diocesi di Como», n. 6 (1995), pp. 477-526.
n.44 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)