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La vita dell’arciprete di Sondrio Nicolò Rusca (1563-1618) e la storia del suo culto di santità 465
fessioni cristiane, quella «con la messa» (la cattolica) e quella «senza
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messa» (la riformata) . Inoltre, si stabiliva che i riformati «i quali hanno
receputo l’evangelio et che lo confessino, in tutti li modi siano et debbano
essere reputati come gli altri homini degni di probità e di honore».
Nelle Tre Leghe si confermò il principio che ogni singolo comune
aveva la facoltà di compiere in autonomia la propria scelta assumendo
una sola delle due confessioni, ma il governo centrale si impegnava a
garantire la possibilità di esercitare anche quella minoritaria, garan-
tendo comunque un predicatore e un luogo di culto. A Sondrio, dove i
cattolici erano la stragrande maggioranza, ciò significava che il clero
romano avrebbe dovuto mantenere quello riformato in un quadro di
reciproca tolleranza religiosa e di pace civile.
A ben guardare si trattò di un movimento di idee e di nuovi principi
di pacificazione e di tolleranza non limitato alle valli retiche, ma che
cominciò a battere nel cuore dell’Europa del secolo di ferro per ridiscu-
tere gli equilibri stabiliti ad Augusta nel 1555 e includere nel patto con-
fessionale europeo anche i calvinisti rimasti fuori. Ad esempio, si pensi
al trattato di Cavour del 1561 che riguardò i valdesi nello Stato di
Savoia e, nella confinante Francia, agli editti di Saint-Germain di sei
mesi dopo e poi a quelli di Amboise nel 1563 concernenti gli ugonotti .
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Rusca, divenuto arciprete di Sondrio nel 1590, successore di un
«intruso», eletto a «rumor del volgo», del quale «non si sapeva, né mai
si è potuto sapere d’onde fosse: se fosse prete o frate, ecclesiastico o
laico» , si trovò al crocevia dei problemi, in una fase storica in cui si
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iniziò a registrare una nuova involuzione delle politiche di tolleranza e
persino di libertà di coscienza elaborate e messe in pratica nel decennio
successivo alla pace di Augusta. Anzi egli si rese protagonista di una
vera e propria controffensiva cattolica che, sulla scia dell’esempio bor-
romaico, non avrebbe dovuto prevedere alcuna forma di compromesso
a livello diocesano con i riformati, nella convinzione che, se si fosse
continuato con quelle politiche concordatarie, gli eretici si sarebbero
affermati definitivamente.
22 Una versione italiana degli editti di Ilanz del 1557 è pubblicata da G. Da Prada,
L’arciprete Nicolò Rusca e i cattolici del suo tempo, Poletti, Sondrio, 1994, p. 278.
23 Si veda C. Zwierlein, La pace di Cavour nel contesto europeo, «Bollettino della società
di studi valdesi, n. 202 (2008), pp. 67-99 che parla di «”transfer” della tolleranza dalla
Savoia alla Francia». Si rinvia anche a S. Gargioni, La pace di Cavour del 1561 e l’editto
di gennaio del 1962: alcune note per una comparazione, «Bollettino della società di studi
valdesi», n. 214 (2014), pp. 117-132.
24 Cito da T. Salice, L’arciprete Nicolò Rusca in alcuni documenti contemporanei, Bet-
tini, Sondrio, 1959, pp. 7-29: p. 8 che pubblica la Relazione sullo stato della chiesa e
pieve di Sondrio, redatta da Nicolò Rusca nel 1614 in occasione della visita pastorale del
vescovo Archinto.
n.44 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)