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La vita dell’arciprete di Sondrio Nicolò Rusca (1563-1618) e la storia del suo culto di santità 475
tezza degli eventi, una scelta che avrebbe allontanato quelle comunità
dal supremo obiettivo politico di una pacificazione.
Nel giugno 1623 il nuovo vescovo di Como, il cardinale Scaglia
nominò Paravicini vicario foraneo della Valtellina e di Bormio e visita-
tore apostolico nelle chiese della valle, col compito di fare diligente rela-
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zione . Con questo incarico di responsabilità Scaglia invitò Paravicini
all’obbedienza in nome della ragion di Stato: se le guerre producono
eresie, era più conveniente sottomettersi alla Spagna e accettare la
«quiete iberica», evitando forme di parossismo devozionale e l’emergere
di nuovi culti di santità che avrebbero potuto infervorare gli animi ali-
mentando nuove tensioni in cui era difficile distinguere i confini tra
l’ambito religioso e quello politico.
Ciò nonostante, l’indomito Paravicini non cessò di occuparsi del
culto di Rusca, a futura memoria. Egli si impegnò a raccogliere le reli-
quie del suo corpo per riportarle a Sondrio sin dal 1628 e l’anno
seguente il vescovo di Como Lazaro Carafino autorizzò la celebrazione
di una messa particolare in onore di Rusca nel giorno del suo martirio
con l’intento di mantenerne vivo il ricordo tra i fedeli, ma nulla più.
Nel marzo 1634 sempre Paravicini fece nuovamente istanza presso
il nunzio apostolico nei cantoni cattolici svizzeri per ottenere il trasfe-
rimento a Sondrio del corpo di Rusca così da rilanciarne il culto, ma i
monaci benedettini si opposero. Egli si dovette accontentare dell’osso
della sua tibia, il quale gli venne consegnato nell’agosto 1634 , che
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però avrebbe potuto esporre soltanto in modo privato e dissimulato,
ossia senza trasformarlo in una reliquia di pubblica venerazione, a
causa del breve pontificio Caelestis Ierusalem dello stesso anno, che
aveva integrato e confermato i decreti del Sant’Uffizio del 1625, nel frat-
tempo divenuti di Urbano VIII. Di conseguenza, il corpo di Rusca,
ormai un aspirante santo pressoché dimenticato, avrebbe raggiunto
Sondrio soltanto nel 1838 dopo la soppressione dell’abbazia benedet-
tina che lo aveva custodito nei due secoli precedenti, per essere risco-
perto, dopo un percorso di tenace e dissimulata resistenza devozionale,
soltanto nei primi anni del Novecento.
La travagliata storia del culto di Rusca attraverso i secoli assomiglia
tanto al formarsi e al lento modificarsi di uno dei ghiacciai delle mon-
tagne delle sue origini: prima si verificò una glaciazione di tipo confes-
sionale che spense il tentativo di convivenza pluri e inter-religiosa che
la fine del progetto di Carlo V aveva offerto all’Europa come possibile
53 Sulla missione a Roma cfr. G.A. Paravicini, La pieve di Sondrio cit., pp. 270-274.
54 I documenti dei relativi atti sono riportati in G.A. Paravicini, La pieve di Sondrio
cit., p. 34 n. 51.
n.44 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)