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Civale (saggi)_3 14/12/18 09:31 Pagina 478
478 Gianclaudio Civale
alpino. Gianavello era arrivato al villaggio a cavallo, discendendo dal
Charmis, uno dei suoi rifugi più in alto sulla montagna, con l’inten-
zione di partecipare alla Santa Cena; come sempre era accompagnato
da uno squadrone di suoi seguaci ed egli stesso era armato di tutto
punto.
Malgrado il villaggio fosse stato duramente colpito dai massacri per-
petrati dalle truppe del duca di Savoia otto anni prima, i valdesi che
ancora vi vivevano erano tutti riuniti presso il locale tempio per assi-
stere alla celebrazione del servizio religioso in occasione della festività
di Pentecoste.
A Villar, Gianavello poteva contare su un gruppo di sostenitori e
sodali ma, sebbene quella del popolare personaggio fosse una presenza
piuttosto consueta, la sua apparizione quel giorno fu salutata, riferisce
il racconto, da un «profond silence» carico di disagio e tensione. Era
infatti passata appena una settimana dalla precedente visita che aveva
reso al paese, quando aveva fatto bloccare le vie d’accesso per proce-
dere a una sistematica ricerca dei suoi oppositori, colpevoli di aver fir-
mato una petizione indirizzata alle autorità ducali contro di lui e i suoi
compagni. Malgrado la sorpresa, soltanto due, alla fine di quel «jour de
sang», erano state le vittime del rastrellamento, altri due erano riusciti
a salvarsi fortuitamente mentre le loro proprietà e case venivano sac-
cheggiate e date alle fiamme .
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Ad appena pochi giorni da quegli accadimenti sanguinosi, la parte-
cipazione di Gianavello al sacramento, nella medesima località che ne
era stato scenario, si caricò evidentemente di rilevanti motivi religiosi
e politici. Calvino, alla cui dottrina i valdesi avevano scelto di aderire
fin dalla metà del secolo XVI, aveva ampiamente riformato la dottrina
eucaristica rendendo la commemorazione della Cena il momento in cui
era ritualmente rinnovata la fede del singolo e veniva compiuto il giu-
ramento collettivo di assolvere ai doveri di carità che essa implicava.
Posta alla base della liturgia, la partecipazione al sacramento definiva
la comunità cristiana nel reiterato impegno di rinuncia a sé e ai propri
peccati e di obbedienza a Dio; essa era occasione di confronto con il
Signore e col suo giudizio, per cui era necessario accostarvisi con
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animo puro .
1 Le Grand Barbe ou Recit tres veritable de ce qua faicit Iosue Ianauel dans les Valles
de Luzerne. Première partie, s.l., s.e., 1666, § 11, pp. 12-14, Brt, Miscellanea di Storia
Patria, 148/5.
2 Sul rilievo della Santa Cena nella dottrina calvinista, in questa sede ci si limita a
rimandare al fondamentale lavoro di C. Grosse, Les Rituels de la Cène, une anthropologie
historique du culte eucharistique réformé à Genève (XVIe-XVIIe siècles), Droz, Genève,
2008.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018 n.44
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)