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482 Gianclaudio Civale
Provvedimenti simili a quello del 1655 erano stati già presi in pas-
sato, per ben sei volte soltanto tra il 1637 e il 1653, ma si erano rivelati
del tutto inefficaci. Fu, in quella circostanza, la disponibilità momen-
tanea, alle porte delle Valli, di ben 18000 francesi, da impiegare nel-
l’assedio di Pavia ma urgentemente bisognosi di vettovagliamento, a
indurre le autorità piemontesi a impiegarli per raggiungere una vagheg-
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giata, per quanto improbabile, soluzione finale all’anomalia valdese .
In quei frangenti, Giosuè Gianavello era un agiato contadino del
quartiere delle Vigne di San Giovanni, una delle località che, in ottem-
peranza agli ordini ducali, doveva essere abbandonata dai valdesi.
Potendo già esibire il titolo di capitano, probabilmente era ufficiale della
locale milizia e come molti, dinnanzi all’addensarsi delle minacce, aveva
preferito ritirarsi all’interno delle Valli, a Rorà, una piccola località di
cui, all’approssimarsi delle truppe nemiche, con pochissimi compagni
riuscì a organizzare un’ardita azione difensiva, permettendo nel frat-
tempo la fuga della popolazione. Fin dall’instaurazione di una rete di
parrocchie valdesi un secolo prima, le chiese erano divenute le basi per
l’istituzione di sempre meno improvvisati quadri militari, composti da
capitani, luogotenenti, alfieri e soldati, sulla base di quella che appare
una chiamata alle armi di tutti i maschi abili, realizzata in ossequio
all’immagine biblica di un popolo d’Israele in armi che si rendeva stru-
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mento della volontà divina . Questa “milizia” paesana valdese, che
accoglieva contadini e pastori esperti dei luoghi, dalle inveterate abi-
tudini venatorie, e senza dubbio anche reduci delle guerre di religione
europee, aveva già in passato dato brillante prova di sé; vi era riuscita,
adottando quella medesima duttile tattica di guerriglia fondata sull’ap-
profondita conoscenza di un territorio assai impervio, di cui poi Gia-
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navello si rese il più brillante interprete .
Predicazione, eserciti e violenza nell’Europa delle guerre di religione (1560-1715), Clau-
diana, Torino, 2014, pp. 157-182. Sugli accordi di Cavour come primo editto di tolleranza
in Europa, si vedano quantomeno: C. Zwierlein, La Pace di Cavour nel contesto europeo,
in Con o senza le armi cit., pp. 67-99; S. Gargioni, La pace di Cavour del 1561 e l’Editto
di Gennaio del 1562: alcune note per una comparazione, Bssv, 214, 2014, pp. 117-132.
8 Cfr E. Balmas, Introduzione, in La vera Relazione cit., in particolare pp. 27-44.
9 Cfr. G. Civale, Da martiri a combattenti per la fede cit. Si trattava di sviluppi molto
simili a quelli che si produssero in Francia, dove le singole chiese, inquadrate in sinodi
e colloques, fornirono non solo utili finanziamenti per l’armamento, ma provvidero all’ar-
ruolamento diretto di compagnie reclutate tra i fedeli e aspirarono a una loro coscrizione
generale. A questo proposito, si vedano almeno P. Benedict, N. Fornerod, L’organisation
et l’action des églises réformées de France (1557-1563). Synodes provinciaux et autres
documents, Droz, Gèneve, 2012; H. Daussy, Le parti Huguenot. Chronique d’une désillu-
sion (1557–1572), Droz, Gèneve, 2014, pp. 323-386.
10 La milizia venne utilizzata per scopi eminentemente difensivi ma all’occorrenza
poté essere impiegata anche più attivamente sullo scacchiere piemontese, come nel 1640
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018 n.44
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)