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Civale (saggi)_3  14/12/18  09:31  Pagina 489






                   L’eroe bandito. Ribellione, infamia e religione nelle Alpi Valdesi del ’600  489


                   e resistenza a oltranza. In quella che poi avrebbe assunto il nome con-
                   venzionale di “guerra dei banditi”, le personalità più autorevoli del mo-
                   vimento valdese avevano faticato a imporre la loro linea e condurre le
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                   loro genti in una guerra aperta contro i ducali . Erano stati sconfitti
                   sul piano militare e condannati in diverse fasi ad abbandonare la loro
                   terra. L’ovvia urgenza di una rilettura che potesse relativizzare questi
                   drammatici eventi e reinserirli in un piano provvidenziale e comunque
                   positivo si intrecciava con l’esigenza di riaffermazione del ruolo cari-
                   smatico dei capi, soprattutto di Gianavello, che di quella stagione era
                   stato principale interprete.


                   2. La pace difficile

                      A quest’intento, che guardava alle Valli ma si muoveva anche sul
                   piano delle solidarietà riformate europee ed era coordinato da Leida e
                   Ginevra, rifugi in cui erano riparati i più ostinati, sembra appunto voler
                   rispondere Le Grand Barbe. La sua pubblicazione, se si presta fede
                   all’indicazione di quest’unica informazione fornita nel colophon, si col-
                   loca in un momento di rilievo per il destino delle comunità valdesi. Nel
                   1666 si attendeva, infatti, la risoluzione del lodo affidato al re di Fran-
                   cia riguardo le indennità di guerra e le garanzie di fedeltà che avrebbero
                   dovuto offrire per essersi alzate in armi contro il loro legittimo signore.
                   Le due fondamentali questioni della «sicurezza» e della «soddisfatione»
                   erano state già affrontate durante i difficili negoziati che due anni
                   prima e, grazie alla mediazione dei delegati dei cantoni svizzeri, ave-
                   vano portato all’emissione delle nuove Patenti di Grazia da parte del
                   duca. Questi, al termine delle trattative, aveva avanzato una nuova
                   serie di gravose richieste tra cui, in primo luogo, l’impegno alla costru-
                   zione e al mantenimento di diversi nuovi forti da parte delle popolazioni
                   riformate e l’esorbitante somma di due milioni di libbre reclamata da
                   Carlo Emanuele come prezzo della ribellione. Ancora più grave era
                   stata la pretesa della rinuncia da parte delle comunità al privilegio,
                   guadagnato fin dai tempi della ribellione del 1560, di offrire una rap-
                   presentanza  unitaria  dinnanzi  al  sovrano,  essendo  costrette  per  il
                   futuro a trattare singolarmente. Si trattava, in pratica, della cancella-
                   zione delle Valli come soggetto collettivo, un traguardo a lungo perse-




                      28  La “guerra dei banditi” costituisce effettivamente uno dei periodi più controversi e
                   difficilmente decifrabili della storia valdese. Anche per questa ragione, fino all’apparizione
                   della ricerca di Laurenti, l’unico studio che gli è stato dedicato è il breve opuscolo di D.
                   Jahier, La così detta Guerra del Banditi. 1655-1686, Società di Studi Valdesi, Torre Pel-
                   lice, 1934.


                   n.44                         Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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