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Civale (saggi)_3  14/12/18  09:31  Pagina 502






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                 aggiornato a principio del 1663, avrebbe permesso anche a Gianavello
                 di godere pacificamente delle ricchezze che aveva accumulato con la
                 rapina e l’appropriazione delle elemosine. Per raggiungere questo scopo
                 era  stata  approntata  un’attenta  organizzazione,  dettagliatamente
                 descritta nell’opuscolo, che prevedeva l’isolamento delle Valli mediante
                 l’abbattimento dei ponti sul Pellice, una sorta di leva di massa della
                 popolazione maschile e il suo inquadramento in formazioni guidate da
                 un gruppo di luogotenenti, cui era affidato il presidio dei diversi vil-
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                 laggi . Pur non trattandosi di una autentica «guerre de Relligion»,
                 anche i «principaux des Communutez», mossi dal fondato timore di
                 massacri e conversioni di massa, alla fine si erano visti obbligati a
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                 sostenerla per «eviter un plus grand desordre» . Del resto, pare che la
                 violenza delle truppe sabaude, non più rivolta contro i soli banditi ma
                 contro tutti i valdesi, avesse indotto il medesimo autore a una sofferta
                 scelta di fronte. A conferma del suo tormentato sostegno ai ribelli,
                 l’anonimo aveva annotato di come «les nostres» fossero riusciti a respin-
                 gere «les trouppes ennemies», in occasione di un’offensiva condotta dal
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                 marchese di Fleury .
                    Tuttavia, sempre accecato da «son orgueil et insuffisante presom-
                 ption», Gianavello, forte anche dei rinforzi ugonotti accorsi dalla Fran-
                 cia, aveva preferito abbandonare le posizioni fortificate per lanciarsi in
                 mal congegnati attacchi in pianura, su Bibiana, Bricherasio e Luserna,
                 uscendone sconfitto disastrosamente al prezzo delle vite di tanti val-
                 desi, i cui orfani e vedove, sottolineava l’anonimo, «ont mille fois maudit
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                 et maudiront encore long temps Ianavel» . Irretiti da un condottiero
                 che aveva dimostrato sul campo «que le vray mestier d’armes luy estoit
                 incognu», l’esito della guerra non poteva che essere «tres funeste» per i
                 valligiani, costretti infine a contemplare le loro terre rovinate e le case
                 distrutte, «tout en cendres et desolez par a bout».
                    Le responsabilità di questa catastrofe, concludeva l’autore, dove-
                 vano interamente cadere su Gianavello e, contro chi ancora lo cele-





                    66  Ivi, § 18, p. 20.
                    67  «Les principaux des Communutez, ne pouvant arrester l’impetuosité de ce torrent,
                 chascun ayant plus de peur de l’ennemy du dendans que ce luy du dehors […], et ainsi
                 apres avoir affoibly de la sorte les Vallées, il ne seroit pas mal aisé a leurs ennemis de
                 les en chasser du tout ou les forcer d’aller a la Messe. Et ainsi avec telles et autres sem-
                 blables raisons firent que les plus faciles a persuader se rangerent de leur parti, et ne
                 fut pas possible aux mieux entendus de l’empescher, et leur fut force de ceder pour eviter
                 mesme un plus grand desordre». Ivi, § 19, p. 20.
                    68  Ivi, § 20, p. 21. Su questa battaglia fu diffuso un pamphlet, attribuibile a Jean
                 Léger, dal titolo Le perfide combat, & la merueilleuse desliurance, que Dieu a donnée aux
                 fideles des vallées de Piedmont à Angrogne du 6 juillet 1663 […], s.e, s.a., s.l.
                    69  Le Grand Barbe cit., § 20, pp. 21-22.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018     n.44
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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