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L’eroe bandito. Ribellione, infamia e religione nelle Alpi Valdesi del ’600 505
tura tradizionale dei poteri si rivelò straordinariamente funzionale alla
ricezione del modello ecclesiale ginevrino e produsse una singolare
sovrapposizione tra Comune e parrocchie. A favorire la commistione
tra autorità secolare ed ecclesiastica, vi era la lunga consuetudine di
lotta per l’acquisizione e la difesa di libertà e privilegi che, ancor prima
della ricezione della Riforma, avevano portato a un progressivo affran-
camento delle varie universitates dalle autorità feudali e all’emersione
di istituzioni democratiche di autogoverno delle comunità, quali le
assemblee dei capofamiglia che, come in parecchie altre zone dell’arco
alpino ed appenninico, si erano tenute all’interno delle chiese e sovente
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intervenivano anche in questioni di polizia morale .
Piuttosto che civile e consuetudinario, nondimeno, il tessuto con-
nettivo tra le comunità sparse nelle Valli fu di natura ecclesiastica,
creatosi mediante la precoce attivazione di un sistema presbitero-sino-
dale delle chiese valdesi che, pur essendo virtualmente autonomo, per
importanti questioni di carattere economico e politico, come si è accen-
nato, faceva capo al sinodo provinciale del Delfinato e dunque a quello
nazionale di Francia. Sul territorio, fin dagli anni ’70 del secolo XVI,
quasi tutte le località riuscirono a dotarsi di un concistoro, nel quale,
accanto al ministro, sedevano gli stessi notabili del paese che di fre-
quente si alternavano anche nel ruolo di reggenti. Come altrove nel
mondo calvinista, si trattava di un importante spazio di integrazione
tra istanze religiose e laicali: a San Giovanni, il borgo sulla frontiera
religiosa dove si intendeva limitare il culto riformato e più tese appari-
vano le relazioni tra distinti comunità confessionali, effettivamente
molti anziani fecero in qualche momento parte anche del consiglio del
villaggio per poi in seguito essere inclusi nelle liste dei banditi . Tut-
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tavia, l’effettiva rilevanza del concistoro nel regolare la vita quotidiana
dei fedeli e nella formulazione delle istanze da seguire nei confronti
delle autorità ducali appare ancora da dimostrare, soprattutto se si
tiene conto che i suoi atti in massima parte non sono pervenuti. È
invece assodato che il ministro della medesima località non fu altri che
Jean Léger, la voce più influente dell’intero corpo pastorale delle Valli,
certamente in grado di condurre verso posizioni bellicose i propri fedeli,
anche i maggiorenti tra di loro. Del resto, Gianavello stesso fu suo par-
rocchiano al Chabas e arrivò a essere capitano militare valdese nel
1655 senza mai svolgere il ruolo di anziano, divenendo soltanto suc-
cessivamente console della propria comunità.
74 Su questi aspetti, cfr. A. Armand Hugon, Popolo e chiesa cit.
75 Cfr. M. Laurenti, I confini della comunità cit., pp. 272-276.
n.44 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)