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508 Gianclaudio Civale
gruppi e gli individui assurti alla sua dirigenza. Del loro rilievo era ben
consapevole il duca che, come è stato ricordato, volle imporvi un pro-
prio delegato, ma anche gli stessi abitanti delle Valli. Le deposizioni
raccolte dagli ufficiali del forte della Torre a questo riguardo sono signi-
ficative; tra le tante, specialmente rivelatrice è quella del calzolaio Isac
Loqua, che ebbe a dichiarare il 31 maggio 1663:
io so che li Ministri di questa valle et altri maneggiatori, come adherenti del
già ministro di San Giovanni Leggiero, non solo non si adoperano in far sedar
le infamità, che fanno li banditi di questa Valle, ma etiandio sono quelli che
danno il fomento a tutti questi eccessi, sotto speranza che rompendola questi
banditi la presente valle, possino sotto pretesto di religione haver soccorsi di
elemosine da’ Paesi stranieri et quelle ritenersi per loro come hanno fatte delle
elemosine venute altre volte, et in luogo di consigliarli all’ubbidienza di S.A.R.
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gli permettono et fomentano a far diversi eccessi .
Per il teste appariva del tutto chiaro che i ministri fossero i mas-
simi responsabili dell’insurrezione e che il sostegno ai banditi, quali
«cani della guardia di questa Valle», fosse stato imposto dal Léger
quando era moderatore del sinodo. La sua opinione riguardo l’utilizzo
delle elemosine e i fini personali di coloro che ne erano beneficiari
era esattamente la medesima dell’autore del Grand Barbe. Il ruolo
primario che Jean Léger, sebbene in esilio dal 1661, continuava a
esercitare nel fomentare la guerra era confermato anche dalle affer-
mazioni impaurite del massaro cattolico Bernardino Avaro che, pri-
gioniero per qualche tempo di Gianavello, fu testimone di come tra i
ribelli corressero voci «pubblicamente, che aspettavano il Leggiero
con due milla huomini, con gran danari […] et subito avuto il soc-
corso d’huomini et danari vogliono andare con le armi sino a Torino,
non perdonandola a persona» . Nelle entusiastiche, e macabre, spe-
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ranze espresse dai combattenti valdesi si ritrova dunque il ricono-
scimento del Léger come finanziatore e capo, insieme con Gianavello,
della loro lotta.
Alla luce di numerose dichiarazioni dall’analogo tenore pare evi-
dente che Le Grand Barbe avesse voluto dar voce a un malumore
piuttosto diffuso presso parte della popolazione valdese, stanca della
guerra e delusa per l’iniqua ripartizione delle collette internazionali
a tutto vantaggio di coloro che di quelle violenze erano interpreti. La
stessa compattezza politica che è stata riscontrata a San Giovanni,
come è stato detto, non può essere rilevata ovunque: certamente non
80 Conferences cit., pp. 142-143.
81 Ivi, pp. 157-159.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018 n.44
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)