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L’eroe bandito. Ribellione, infamia e religione nelle Alpi Valdesi del ’600 511
trattamento assai simile a quello del suo avversario, non venendo mai
nominato, sebbene i frequenti richiami al suo ruolo di coordinatore dei
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banditi e divulgatore della leggenda di Gianavello fossero chiari . In
un’opera in cui l’autore si era sforzato accreditare la propria versione
dei fatti precisando nomi, date e circostanze, risultavano quindi assenti
proprio i principali protagonisti dello scontro tra fazioni che costituisce
l’asse narrativo dell’intero racconto. Tale silenzio non può che essere
rivelatore: l’antagonismo tra Léger e il Villanova era tanto grave e cono-
sciuto, anche per via degli opuscoli che il ministro aveva pubblicato a
proposito, che richiamare il nome dell’uno avrebbe immancabilmente
rievocato quello dell’altro.
È, dunque, sul medico Michele Bertram che convergono le tracce per
un riconoscimento dell’autore de Le Grand Barbe. L’attribuzione, del resto
piuttosto logica, era già stata frettolosamente avanzata da Jean Jalla e
da Laurenti che, di passaggio, aveva ravvisato in quella marca tipografica
così particolare, con lo scorpione circondato dall’aforisma ippocriteo
«dolor est medicina doloris» a mo’ di motto, un indizio della familiarità
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dell’autore con la disciplina medica . A ulteriore sostegno di questa ipo-
tesi, si può solo rimarcare che i principali argomenti cui si ricorre ne Le
Grand Barbe sono i medesimi che erano utilizzati nei «libelli diffamatori»
di cui Bertram, secondo Léger, era autore: la polemica per l’utilizzo delle
elemosine, la loro appropriazione da parte di avidi «maneggiatori», la
necessaria difesa dei poveri contro le loro malversazioni e l’appello a un
attore terzo che potesse vigilare su questi fondi. È poi persino ovvio
dedurre che a nessuno poteva stare più a cuore redimere il nome dei
«longuellistes» che al loro medesimo ispiratore, scampato all’eccidio dei
87 Tra le tante, un’allusione piuttosto chiara al ruolo avuto da Léger nel promuovere
la figura di Gianavello può essere ritrovata in queste espressioni: «ce pendant certains
personnages, qui sans estre bien cognus se font acquis du credit et de la creance, ont
fais passer cet homme de Sang pour un Heros, pour un demy Dieu, pour un vray pilier
de la Religion Reformée, en un mot pour un incomparable […]. Que ceux qui le louent
si fort chez les Estrangers, et le font passer pour tout autre, que pour ce qu’il est verita-
blement, s’avancent». Le Grand Barbe cit., § 22, p 24.
88 Jalla arriva a quest’attribuzione senza argomentarla, semplicemente inquadran-
dola nella rivalità tra il Léger e il Villanova; ravvisa poi forti somiglianze tra il Grand
Barbe e un manoscritto custodito nella Biblioteca Reale di Torino, l’Histoire véritable des
vaudois de Piémont del gesuita Jean Chappuis (Brt, Miscellanea di Storia Patria 196,
[1678] ) e ne conclude, sbrigativamente che «le jésuite fut tout au moins l’inspirateur de
ce dernier et que Bertram ne fut qu’un vil instrument dans cette trame». Sorvola, però,
sul fatto che il manoscritto è palesemente posteriore al pamphlet e che, quindi, il rapporto
di dipendenza è da invertire. Laurenti, invece, dopo una suggestiva interpretazione del
motto sul frontespizio come allusione all’operazione di verità che l’autore voleva realizzare
col proprio libello, si limita a constatare, in nota, che tale interpretazione costituirebbe
un ulteriore elemento a sostegno della tesi di Jalla. Cfr. J. Jalla Josué Janavel (1617-
1690), Bshv, 38, 1917, pp. 41-42; M. Laurenti, I confini della comunità cit., p. 345.
n.44 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)