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118 Valentina Favarò
da Bedmar, che aveva fatto proprie le linee già tracciate dal suo prede-
cessore, il Cardinale Giudice, trovò espressione in una relazione, arti-
colata in sette punti, indirizzata al sovrano, nella quale si
sottolineavano alcune questioni ritenute prioritarie: la nuova costitu-
zione di un corpo a cavallo; la riorganizzazione della fanteria attraverso
lo scioglimento del tercio fijo e la formazione di un nuovo reggimento;
un aumento del numero dei soldati; la necessità di sollevare dalla
carica alcuni ufficiali e capitani ormai non più idonei al servizio e la
loro sostituzione con gente di mando proveniente dalla penisola iberica.
Riguardo al corpo a cavallo, se in un primo momento Bedmar aveva
avanzato la richiesta di due compagnie – una di cavalleria e una di dra-
goni, da trasferire dallo Stato di Milano, con i rispettivi ufficiali –, suc-
cessivamente elaborò una proposta differente. La consapevolezza
dell’inutilità del servizio militare indusse il viceré, come già accaduto
altre volte, a ricorrere alla componenda pecuniaria. La soluzione solle-
vava il baronaggio siciliano dall’impegno di fornire cavalli e cavalieri,
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«gente inesperta, mal armada y montada» , in cambio del versamento
di una somma di denaro da impiegare, in questo caso, nella formazione
di quattro compagnie di cavalleria, ognuna composta da quaranta
unità. L’elemento più significativo di tale riforma era indubbiamente
la nomina dei capitani, che ora venivano scelti tra gli esponenti del-
l’aristocrazia siciliana, de las principales casas.
Questa decisione va letta, infatti, in relazione alla necessità di affidare
il nuovo corpo a membri della nobiltà regnicola che avevano dimostrato
indiscussa fedeltà ai Borbone e deve essere analizzata tenendo anche
conto della controversa presenza del corpo di cavalleria leggera all’interno
dell’isola che aveva suscitato, sin dal momento della costituzione (1576),
sia tensioni e opposizioni, sia pareri contrastanti circa la sua utilità ed
efficienza . I dubbi sulla validità strategica, in realtà, non furono fugati
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e continuarono a costituire oggetto di dibattito all’interno del Consejo de
Italia e de Estado, ma la congiuntura politica e la necessità di coinvolgere
parte dell’aristocrazia locale con un impegno attivo nella conservazione
del Regno convinsero dell’opportunità di procedere con la riforma.
A capo delle quattro compagnie furono posti don Nicola del Bosco,
nipote del principe di Cattolica; don Domenico Lucchesi, già capitano
45 Ivi, Madrid 23 ottobre 1706, El Consejo de Estado. Con carta del Marques de Bed-
mar refiriendo los motivos por que en lugar del servicio militares de los titulos y barones
havia admitido la componenda pecuniarias.
46 C. Belloso Martín, Conflictos de poder entre el centro y la periferia de la monarquía:
el establecimiento de la caballería ligera en Sicilia en el siglo XVI, in R. Cancila (a cura
di), Mediterraneo in armi (secc. XV-XVIII), Quaderni di Mediterranea, n. 4, Palermo, 2006,
vol. I, pp. 315-371; V. Favarò, La modernizzazione militare in Sicilia negli anni di Filippo
II, cit., pp. 99-110.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019 n.45
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)