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                    Fra gli schiavi europei nel Maghreb – le cui testimonianze di schia-
                 vitù sono ormai piuttosto facilmente reperibili, per le ristampe cartacee
                 o la presenza dei testi in rete, mentre così non era venti o dieci anni fa
                 – l’attenzione è qui rivolta ad Antoine Quartier, del tutto sconosciuto
                 sino al 1972 quando Guy Turbet-Delof – al quale dobbiamo moltissimo
                 per la conoscenza delle fonti a stampa sui paesi barbareschi – lo iden-
                 tificò come autore delle memorie anonime L’esclave religieux et ses
                 avantures. Il testo è stato edito a Parigi nel 1690, a un decennio da
                 quando l’autore l’aveva scritto, e a oltre venti anni dal suo ritorno in
                 patria dalla schiavitù a Tripoli. La vicenda editoriale è ben spiegata
                 appunto da Turbet Delof e ora dal confratello mercedario padre Hugo
                 Cocard, come spieghiamo nella Nota bibliografica.
                    Nonostante la presentazione di Turbet-Delof, L’esclave religieux non
                 è stato preso in esame e utilizzato come fonte storica come invece poteva
                 e può meritare. Alla scarsa fortuna possono aver contribuito diversi fat-
                 tori e forse principalmente il relativo ridotto sviluppo degli studi su Tri-
                 poli barbaresca, a cui il testo di Quartier si riferisce, rispetto ai ben più
                 numerosi contributi concernenti la storia di Algeri e di Tunisi nell’epoca
                 ottomana. Rileviamo, per esempio, che intorno al 1928, quando il tur-
                 cologo Ettore Rossi terminò la redazione della sua Storia di Tripoli e
                 della Tripolitania, il testo di Quartier restava ancora sconosciuto. L’
                 esclave religieux è stato invero scritto, almeno in una prima stesura,
                 qualche anno dopo la schiavitù dell’autore a Tripoli (1660-1668) e il
                 ritorno in Francia, quando si era fatto egli stesso mercedario, a compi-
                 mento di una vocazione religiosa, maturata già negli anni di schiavitù.
                 Il testo è stato completato e integrato nel corso degli anni successivi,
                 sino alla pubblicazione nel 1690.
                    L’esperienza di schiavitù di Antoine Quartier non presenta invero
                 eventi rilevanti e inconsueti: fu catturato dal noto corsaro olandese pas-
                 sato all’islam come Murad (o Morat) Raìs, del quale Quartier dà qualche
                 notizia; passò poi alcune volte da un proprietario a un altro e a lungo
                 appartenne al pascià Osman. Come schiavo, poiché era relativamente
                 giovane, intorno ai trent’anni, fu impegnato perlopiù in lavori gravosi e
                 in condizioni particolarmente penose, fuori di Tripoli, a temperature
                 molto elevate, con scarsità d’acqua; fu persino contagiato dalla peste
                 ma superò il grave contagio (pp. 224-227).
                    Nel presente contributo cercherò di evidenziare piuttosto notizie e
                 valutazioni di Quartier sulla situazione locale, su aspetti ed episodi
                 della vita degli schiavi presenti nella ‘capitale’ e in altre parti del paese,
                 su nomi, figure, vicende di altri schiavi incontrati e sull’insieme del-
                 l’afflitta comunità schiavile alla quale egli stesso appartenne. Proprio
                 per la sua profonda fede e religiosità, vissute con coerenza, Quartier
                 mostra curiosità e interesse anche per aspetti e manifestazioni della
                 pratica religiosa islamica e per quella della comunità ebraica e dà


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019      n.45
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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