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                 Di Blasio si sofferma su esotici trofei umani: nativi, indigeni esibiti – e
                 questa era una pratica risalente nel tempo – al pubblico come attra-
                 zione e oggetto di curiosità e in particolare sul caso di Omai, nobile sel-
                 vaggio  della  Polinesia  che  arriva  nel  1774  in  Inghilterra  ove  verrà
                 presentato a Giorgio III. Omai come oggetto di uno sguardo di dominio,
                 condivide, sostiene l’autrice, un destino che nella temperie dell’epoca
                 è femminile. Diverso è invece lo sguardo con cui due donne inglesi
                 (Oriente al femminile lettere inglesi dalla Sublime Porta di Elisabetta
                 Serafini),  Mary  Pierrepont  Montagu,  moglie  dell’ambasciatore  a
                 Costantinopoli dal 1716 al 1718, autrice di un epistolario pensato per
                 la divulgazione, ed Elisabeth Craven, viaggiatrice in Oriente negli anni
                 Ottanta, guardano al mondo turco soprattutto femminile, al quale attri-
                 buiscono una libertà che probabilmente è solo la proiezione di loro
                 insoddisfazioni rispetto alla condizione femminile del loro paese: le
                 donne  turche  cui  è  consentito  essere  irriconoscibili  celate  dal  velo
                 paiono essere più libere, il bagno appare nell’Impero Ottomano la coffee
                 house delle donne...
                    Un’altra forma di alterità è poi quella dell’ambiguità sessuale che
                 mette in discussione i confini dei sessi. Questo tema è esplorato nel
                 volume  attraverso  l’analisi  del  ricorso  al  mito  delle  Amazzoni,  che
                 conobbe fortuna crescente dagli anni Cinquanta del Seicento fino agli
                 anni Trenta del Settecento nei soggetti operistici (Andrea Garavaglia),
                 o con riferimento alla duplicità maschile /femminile della figura ario-
                 stesca di Bradamante che ha un ruolo centrale nei libretti dei melo-
                 drammi (Nicole Botti), o attraverso il racconto dello scandalo della
                 duplice identità di Madame de Tingen che divenne Barone di Danis
                 (Antonio Menniti Ippolito) o formulando una interessante ipotesi sulla
                 voce doppia nel timbro di castrati settecenteschi e parallelamente di
                 contralti ottocenteschi capaci di un registro vocale femminile ma anche
                 virile (Marco Beghelli). A travestite e lesbiche nell’Europa del Settecento
                 è dedicato il saggio di Massimo Cattaneo sulla vicenda di una ragazza
                 romana, Caterina Vizzani, cui già Barbagli aveva dedicato una mono-
                 grafia (M. Barbagli, Storia di Caterina che per ott'anni vestì abiti da
                 uomo, Il Mulino, Bologna 2014), che muore come Giovanni Bordone,
                 un caso cui il medico Giovanni Bianchi di Siena dedica una Breve
                 Historia costatando la sua totale normalità anatomica.
                    In conclusione, come mostra questa breve lettura tematica, Femminile
                 e maschile nel Settecento è un volume molto, forse troppo, ricco di
                 spunti e suggestioni che avrebbe richiesto una cornice di inquadra-
                 mento generale più ampia o delle sintetiche conclusioni che tirassero
                 le fila dei tanti problemi emersi suggerendo un giudizio storico gene-
                 rale. In ogni caso è uno specchio di interessi e problematiche degli
                 studi attuali sul Settecento.
                                                             Maria Antonietta Visceglia




                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019      n.45
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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