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nui ad aiutare li altri et esser quodammodo homini angelici exquo li
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angeli son fatti homini humanati» . Sempre Gaetano, tra il 1518 e il
1520 raccontava alla Mignani che, a causa delle attività di assistenza
agli Incurabili, Bartolomeo
ha habuto male, del qual ge è restato qualche reliquia, talché l’anno passato
era de mala volgia et tropo se affanava, de che io assai el confortai. Perché se
vergognava che alcun el sapesse, et io el dissi alli nostri cari in Christo et feci
che tuti el sepe, et così, con una breve erubescentia è restato contento, né se
ne vergogna più fra nui. Havea alhora in uno brazo una piageta, et parve che
guarita. Hora per le sue ultime lui me scrive che le dà noya al capo, et che se
medicava: lui non ha dolge salvo impazo, ma già li era de molto cordolgo. Hora
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penso che sia pur mancho, tamen credo sia a lui assai fastidio .
Non sappiamo come gli altri membri del Divino Amore accolsero la
malattia che lo Stella aveva contratto dedicandosi di persona alla cura
dei malati, caso presumibilmente non comune. Di certo, Gaetano
mostrava una reale soddisfazione per la mortificazione fisica e spiri-
tuale derivata da queste prove, arrivando persino a desiderare che
l’amico Bartolomeo ne ostentasse i segni.
In sostanza, i due stavano affrontando un cammino dove, ancor più
dell’esito delle loro opere, apparivano importanti i presupposti. Era un
cammino potenzialmente eversivo al cui approdo dovevano giungere
intorno al 1523, quando entrambi apparivano indugiare sui meriti
per il conseguimento della salvezza. In questo senso sono emblema-
tiche la lettera che il Thiene scrisse a Paolo Giustiniani nel gennaio
del 1523 e quella che lo Stella inviò nello stesso periodo a Laura
Mignani. Nella lettera a Giustiniani, Gaetano scriveva di non aver
«trovato, forse per i miei peccati, uno nobile che disprezzi l’onor per
amor di Christo. Uno, uno! Ohimé! Christo aspetta: niun se move» .
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Le accuse di tiepidità lanciate contro i confratelli veneziani, che pure
si occupavano dell’ospedale con successo, tanto che in soli tre anni
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aveva lo stesso numero di ospiti del San Giacomo di Roma , indu-
cono a pensare che, a suo giudizio, i meriti non dovessero risiedere
nei rituali formali e nelle opere. E in effetti, nella stessa lettera egli
aggiungeva che Cristo «non faria conto de tutte le opere esteriori né
quatrini se non sono confettate con le salze de questo sangue sparso
50 Ivi, p. 67v.
51 F. Andreu (a cura di), Le lettere di san Gaetano cit., p. 26.
52 Ivi, p. 56.
53 D. Solfaroli Camillocci, I devoti della carità cit., p. 226. Sull’ospedale veneziano
degli Incurabili si veda anche A. Nordio, Presenze femminili nella nascita dell’ospedale
degli incurabili di Venezia, «Regnum Dei», L (1994), pp. 11-39.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019 n.45
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)