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vamente a Longone, si presenta come una rete assai complessa in cui
si intersecano i diversi piani ed in cui giocano un ruolo diverso diritti,
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sovranità, soggezioni di origine feudale» .
Parlare di una intersezione dei diversi piani è la chiave di lettura con
cui è forse più opportuno affrontare la matassa intricata del sistema di
potere nei Presìdi di Toscana. Non uno Stato, non una signoria o un
principato, ma uno spazio militare. Come si innestavano, in una realtà
di questo tipo, delle comunità di persone con le loro attività agricole ed
economiche, le loro piccole élite locali e un clero locale? Alle cariche
spagnole, infatti, si affiancavano le cariche locali, risalenti al medioevo
e fatte di potestà e consigli della comunità, di anziani e di priori. I Pre-
sìdi, dunque, non solo spazio militare, ma anche spazio urbano, rego-
lato da statuti risalenti al XII secolo e per questo simile agli spazi urbani
che costellavano la penisola nel medioevo. Uno spazio che rappresenta
tuttavia, ancora una volta, una forte eccezionalità nel panorama ita-
liano: non si tratta infatti di una entità indipendente, di un comune che
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aveva esteso il proprio territorio conquistando i comuni limitrofi o che
era riuscito con una politica di alleanze a sopravvivere nel corso degli
anni turbolenti del XIV e XV secolo . Ci si trova di fronte, invece, a uno
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spazio urbano in qualche modo anacronistico, nato in un’epoca in cui
spazi simili erano solo un ricordo, un retaggio del passato che stava via
via svanendo, finendo inglobato in realtà maggiori.
Nel Cinquecento, infatti, a parte lo Stato della Chiesa, caso a sua
volta particolare, gli Stati italiani si erano formati in modi tutto som-
mato riconducibili a due schemi diversi : i reami di origine spagnola e
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gli Stati di origine comunale. Nel primo caso troviamo Napoli, Sicilia e
Sardegna, conquiste aragonesi inserite nel sistema spagnolo; nel
secondo i grandi Stati come Firenze, Milano o Venezia, formatisi grazie
all’estensione dei comuni originari, e i piccoli Stati peninsulari come
Mantova, Urbino o Ferrara, piccoli feudi imperiali sopravvissuti per i
motivi più disparati alle conquiste esterne. Con i Presìdi, Filippo II creò
un’entità estranea alla scena italiana di quegli anni, unendo secondo
un principio prettamente militare non solo una serie di fortezze eredi-
tate dall’ormai ex Stato di Siena, ma anche le comunità che vivevano
32 Cit. I. Tognarini, Orbetello, i Presidios di Toscana e il Mediterraneo. Il destino di un
territorio tra Cosimo de’ Medici, Bernando Tanucci e Napoleone, in A. Guarducci (a cura
di), Orbetello e i Presidios, Centro editoriale Toscano, Firenze, 2000, p. 111.
33 Come è il caso di moltissimi Stati italiani, anche quelli maggiori quali il ducato di
Firenze e quello di Milano, nati entrambi da comuni che hanno esteso il proprio dominio.
34 Come ad esempio accadde a uno Stato strettamente collegato ai Presìdi quale il
principato di Piombino.
35 Un’analisi simile è possibile ritrovarla in G. Spini, Introduzione storica cit., p. 4.
L’autore però distingue, all’interno della penisola, tra Stati maggiori e minori.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019 n.45
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)