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delle comunità) e quindi all’interno della città e non nei forti o in presìdi
militari separati. Lo spazio militare, cioè, si sovrapponeva esattamente
allo spazio urbano, in una commistione di usanze e di costumi. In con-
siderazione di ciò, alcuni autori hanno parlato di sviluppo di una sorta
di «società coloniale» 38 in cui gli «indigeni non si sollevarono mai oltre
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un limite estremamente modesto» . In maniera speculare, altri hanno
invece contestato il termine “colonia”, effettivamente inadeguato, pren-
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dendo le difese della società interna dei Presìdi .
In una mediazione tra questi due estremi, una posizione più equi-
librata si trova proprio nell’identificazione dei Presìdi come spazio
urbano, in cui le comunità erano indipendenti dal potere militare e
gestivano in autonomia le proprie entrate e le proprie spese. Tuttavia,
bisogna tenere sempre presente lo stretto legame tra comunità e
guarnigione: persino le limitate attività economiche delle stesse
comunità erano strettamente legate alla presenza dei militari, con i
governatori, ad esempio, che garantivano ai produttori di grano locali
delle entrate economiche fisse, acquistando il grano per la guarni-
gione al prezzo corrente e in qualche modo finanziandone l’attività. O
ancora si pensi a Longone, in cui al governatore e al presidio militare
spettava un intero bosco in cui poter liberamente tagliare la legna per
uso della guarnigione. Non bisogna inoltre mai dimenticare gli aspetti
forse più prosaici, ma che in uno studio di lungo periodo diventano
significativi: furono moltissime le donne dei Presìdi che sposarono dei
militari, generando una commistione tra la sfera militare e quella
locale che andava ben oltre la fedeltà al proprio re. Come già accen-
nato, poi, furono numerosi i cosiddetti “naturali”, ossia i nativi dei
Presìdi, che entrarono nella guarnigione, soprattutto nel XVIII secolo.
Esisteva infatti in questi anni, per volere di Ferdinando IV, una pre-
cisa disposizione reale che prevedeva fossero proprio i naturali ad
occuparsi del servizio di artiglieria nei rispettivi presìdi, con una divi-
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sione netta degli uomini e dei ruoli . Nel 1798 si formarono persino
38 Come affermato in G. Spini, Introduzione storica cit., p. 8. Va detto che l’autore
utilizza queste parole presentandole come una semplice ipotesi di lavoro e non affer-
mandole con certezza né rafforzandole con dei dati. Viene utilizzato il termine “colonia”
anche in G. Caciagli, Lo stato dei Presìdi cit. e da altri autori in seguito, che si rifanno
alla definizione dei due studiosi citati.
39 G. Spini, Introduzione storica cit., p. 8.
40 Come si vede, invece, in P. Fanciulli, Storia documentaria dei Reali Presidios di
Toscana. Lo Stato dei Presìdi nelle carte degli archivi spagnoli e italiani cit., pp. 293-298.
41 Come riportato, ad esempio, nei documenti dell’Aco, Reali Dispacci e Carteggio uffi-
ciale, n. 116. Il dispaccio stabilisce che 17 naturali avrebbero prestato servizio di arti-
glieria ad Orbetello, 3 a Port’Ercole, 3 a Monte Filippo (un forte che domina Port’Ercole
così nominato in onore di Filippo II) e altrettanti a Talamone, mentre 4 sarebbero stati
a Piombino e ben 20 a Longone.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019 n.45
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)