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D'Onofrio (saggi)_2  19/04/19  17:28  Pagina 60






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                 militare e autorità civile, poiché – ufficialmente – non erano concesse
                 ingerenze dei governatori nella sfera di competenza delle comunità e
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                 viceversa . Il documento proseguiva sostenendo di non trovare alcun
                 motivo per eliminare un privilegio sempre riconosciuto come quello del
                 vino navigato e infine affermava che se era vero che le comunità erano
                 esenti dalla fornitura del necessario per la guarnigione, era anche vero
                 che, in base ad accordi presi in passato, queste pagavano un tributo
                                                                     57
                 all’autorità regia per il mantenimento di tale privilegio .
                    Tutto ciò, in realtà, per quanto riconoscesse alcune esenzioni (come
                 sul vino navigato), non confliggeva con le disposizioni del fondo di sepa-
                 razione de’ lucri che, quindi, venne regolarmente applicato, contri-
                 buendo  da  un  lato  a  uniformare  l’enclave  al  resto  del  regno  ma,
                 dall’altro, come detto, a distruggere un già declinante sistema econo-
                 mico che, seppur anacronistico e basato su cardini comunitari e sta-
                 tutari, aveva garantito fino a quel momento alle comunità dei Presìdi
                 almeno di poter provvedere autonomamente al proprio sostentamento.
                    Anche le successive riforme portate avanti nel regno di Napoli prima
                 da Carlo di Borbone e soprattutto dal figlio Ferdinando IV, interessarono
                 profondamente i Presìdi di Toscana: le modifiche ai regolamenti per le
                 peschiere, gli affitti delle bandite affidati a commissari statali e non più
                 esclusivamente alle comunità, l’esproprio di proprietà ecclesiastiche, il
                 concordato tra regno di Napoli e Stato Pontificio, la riforma dell’esercito
                 e della marina, la semplificazione del sistema monetario, furono tra-
                 sformazioni che, calate nella realtà dei Presìdi, resero ancora più ina-
                 deguate le strutture di gestione della cosa pubblica. Gli statuti medievali
                 e l’indipendenza formale delle comunità finirono per rappresentare solo
                 un parametro passato, svuotato del suo significato principale. La fine
                 dei Presìdi, infatti, dal punto di vista amministrativo, non si ebbe nel
                 1801, nel momento della loro cessione alla Francia. Quella è la data
                 della loro sparizione dalle carte geografiche, della separazione definitiva
                 dalla realtà cui erano stati legati sin dalla loro fondazione nel XVI secolo.
                 I Presìdi, in realtà, cessarono amministrativamente di esistere in quanto
                 tali nel 1796, quando il re Ferdinando IV soppresse i Reali Presìdi di
                 Toscana e li integrò nel demanio del regno.
                    Un’ultima riforma, conseguenza della definitiva perdita di interesse
                 strategico dei e nei Presìdi di Toscana, questo piccolo spazio dal grande
                 valore  logistico  e  strategico  trasformatosi  ormai  in  una  “Fortezza
                 Bastiani” del Mediterraneo Occidentale.


                    56  Dopo i numerosi screzi avvenuti nei primi anni successivi alla fondazione dei Pre-
                 sìdi di Toscana, nel 1573 fu il cardinal di Granvela, viceré di Napoli, a stabilire le regole
                 di convivenza tra le diverse autorità, tenendo separate le due sfere Quest’ordine rimase
                 l’unico esplicito riferimento normativo sull’argomento.
                    57  Aco, Dispacci, n. 89.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019      n.45
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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