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I dritti marittimi di Monaco e Villafranca tra XVI e XVIII secolo 69
Francia avevano preso a commerciare tra l’isola e il continente «spie-
gando bandiera francese e portando le spedizioni e ruollo di equipaggio
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a forma de naturali francesi») .
C’era chi poi ricorreva ai soliti sotterfugi: come quello di «dare fondo»
(specie «in tempo di [e]state») «fuori del porto [di Villafranca] sin all’al-
tezza di cinque miglia, […] e di là contratta[re] o carica[re] e poi
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riparti[re]» ; approfittare dell’oscurità per transitare al largo dei due
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porti ; provare a dichiarare di aver «oltrepassato i limiti […] per impeto
solamente di venti» o per sfuggire all’inseguimento di qualche corsaro
nordafricano ; più semplicemente, sottrarsi alle imbarcazioni “invigi-
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latrici”: come facevano i brigantini di Alassio, noti (un po’ come le felu-
che di Savona) per essere rapidissimi «al fine di potersi levare di sotto
da pirati barbareschi che si sogliono incontrare» nei viaggi verso la Sar-
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degna . Nel caso del dritto di Villafranca, inoltre, una nota del regola-
mento inserita in realtà per vivacizzare i traffici commerciali alimentava
ulteriormente le pratiche illecite. Si trattava della possibilità, per chi
approdava presso gli scali sabaudi, di non pagare il tributo esponendo
pubblicamente le merci in piazza per almeno otto giorni: all’inizio del
settembre 1779 i membri del consolato di Nizza denunciavano l’au-
27 Adam, DV, m 005/1. Alternativamente – proseguiva l’appaltatore, facendo anche
alcuni esempi – veniva nominato un corso come patrone (finto) dell’imbarcazione «per
godere de privilegi de nazionali francesi». Forse approfittando del lassismo dei controlli
delle autorità francesi: in riferimento al caso di Antonio Matei del Capo Corso, ritrovato
a capo di un leudo «munito di bandiera, spedizione e passaporto francese» ma con equi-
paggio formato totalmente da gente di Zoagli, si avanzava il sospetto che «se è riuscito a
ottenere congé dagli ufficiali dell’ammiraglità di Francia non può ciò essere accaduto
che per connivenza e negligenza di questi».
28 Adam, CN, 3B2.
29 «Abbiamo pure saputo più e più volte che diversi patroni di detta nazione genovese
si fermavano espressamente il giorno nelle coste della Provenza se provenienti da
ponente ed in quelle della riviera di Genova se provenienti da levante per profittare del
buio della notte a passare in questi nostri mari ad unico fine di deffraudarci il detto
dritto» (Adam, DV, m a, 6. Memoria degli appaltatori del dritto di Villafranca del 1762).
30 Qualche volta le bugie venivano scoperte: quando il chiavarese Antonio Vignola,
sorpreso nell’estate 1779 con la sua imbarcazione senza i dovuti spacci doganali, disse
che «vi veniva [a Villafranca] per pagarlo, il dritto, ma le acque lo avevano portato verso
levante», il comandante del «felucone» di guardia rispose risolutamente che si trattava di
«una mendicata scusa», perché «quella mattina il tempo era totalmente propizio, come
lo era pur stato la notte precedente, […] né eravi in mare correnti d’acque che a ciò
ponesse ostacolo» (Adam, DV, m a, 7).
31 Ibidem. Sui legami strettissimi, esistenti fin dai secoli precedenti, tra la marineria
alassina e la Sardegna si leggano i lavori di G. Mele, La rete commerciale ligure in Sarde-
gna nella prima metà del XVII secolo, in M. Herrero Sánchez, Y. Rocío Yessef Garfia, C.
Bitossi, D. Puncuh (a cura di), Génova y la Monarquía hispánica (1528-1713), «Atti della
Società ligure di storia patria», n.s., LI/2 (2011), pp. 203-218; Id., Formaggio e corallo.
La colonia ligure di Bosa nel XVII secolo, «Bollettino di studi sardi», 7 (2014), pp. 87-110.
n.45 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)