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I dritti marittimi di Monaco e Villafranca tra XVI e XVIII secolo 73
quale «i dazi di Villafranca e Monaco […] si credono cominciati dacché
que’ luoghi governati da piccioli signori o sia tirannetti nel duodecimo
e decimo terzo secolo abusarono della debolezza de’ popoli commer-
cianti dell’Italia»; e soprattutto non avevano più senso di esistere, visto
che il «pretesto di beneficio» con cui furono istituiti – scacciare da quelle
marine i corsari – «è in tutto sparito, perché né il principe di Monaco
né il re di Sardegna fanno la minima custodia contro i barbareschi in
que’ mari e per contrario il dazio è divenuto gravosissimo e crudelissi-
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mamente esatto» . Bisognava far rispettare «la libertà del mare» – con-
cludeva il documento – far prevalere «il dritto delle genti» contro
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l’«aggravio nel mare comune» (ecco la lezione di Grozio) .
Di fronte a queste pressioni i due principi dovettero cedere, scen-
dendo a patti con le potenze maggiori (le quali riuscirono prima a solle-
vare i loro operatori nautici dal pagamento dei dritti dietro elargizione di
una sorta di “abbonamento” e poi a liberarsi totalmente da ogni tipo di
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imposizione) e accordandosi di volta in volta con singoli patroni e capi-
tani o con intere rappresentanze comunitarie, specie nel caso delle realtà
statuali più deboli come quelle italiane. Prima che arrivassero a «riscat-
tarsi» definitivamente dal dritto, nel corso del Seicento anche i francesi
avevano dovuto cercare degli accomodamenti con i dazieri dei Grimaldi
e dei Savoia: il 1 ottobre 1615 l’«administratore per il dritto» di Villafranca
dichiarò di «haver accordate [nove] tartane di Marsiglia […] per ogni viag-
gio che faranno levando robbe in detta Marsiglia di qualsisia qualità per
portarle in Italia ed di ritorno per portarle in Provenza» ; e il 26 ottobre
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1660 fu invece direttamente un mercante, Antonio Merello, a versare
425 pezze da otto reali per tutti i viaggi che avrebbero fatto per un anno,
da Marsiglia verso l’Italia, le sue tre barche comandate da Giordan
Boglio, Pierre Bermont e Jossan Dorgal, «con condizione però che ven-
ghino render la dovuta obedienza nel porto di Villafranca o spiaggia della
presente città», evidentemente perché in qualche modo esercitare la giu-
risdizione restava un obbligo inderogabile.
46 Adam, DV, m 005/1. L’attacco era davvero duro: «è un esempio nuovo e unico nel
mondo, non che nella culta Europa, che un sovrano usi la barbarie di far entrare la gente
per forza nel suo Stato dove non hanno né bisogno né volontà di entrare per venirvi a
pagare un dazio da lui imposto».
47 Si veda la traduzione curata da Francesca Izzo: U. Grozio, Mare liberum, Liguori,
Napoli, 2007.
48 Ad esempio, nel 1727 i francesi pagarono 40.000 lire di Piemonte al re di Sardegna
«par forme d’abonnement pendant vingt années» (Anp, AE/B/III/405).
49 Ibidem. Gli accordi, diversi da tartana a tartana, avevano durata semestrale: i
patroni Giulian Ramonet e Pietro Nicola avrebbero dovuto pagare, ogni volta «all’arrivo
de intrata a Villafranca», 34 ducatoni; Andrea Pisano, Uget Verando, Gio. Bromet e un
altro patrone (dal nome illeggibile) 30 ducatoni; Gio Dupont 30 per la sua «tartana
grossa» e 20 per la «piccola»; Gio. Giramondo 24 ducatoni.
n.45 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)