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                    Quando si trattava di imbarcazioni di una certa stazza e di carichi
                 di una certa entità intervenivano invece le diplomazie e si perveniva a
                 dei risarcimenti per il rilascio della merce: già nell’estate del 1563, dopo
                 aver ricevuto lettere dal re di Spagna, dal duca di Firenze e dall’amba-
                 sciatore spagnolo a Genova (nonché una delegazione di mercanti inte-
                 ressati al carico), Onorato I restituì la lana che si trovava a bordo delle
                 navi di due catalani diretti a Livorno per conto di alcuni mercanti fio-
                 rentini in cambio di una somma cospicua di scudi d’oro; e il 16 luglio
                 1712 la somma pattuita per rilasciare la Sant’Antonio da Padova di
                 capitan Carlo Domenico Barone, di ritorno dalla Francia con merci di
                 spettanza di marsigliesi, genovesi ed ebrei, fu pari a 16.000 lire – e
                 anche in questo caso risultarono decisivi l’intervento del re di Francia
                 e un paio di missive del governo della Superba «ove essa Repubblica
                                                                         61
                 dichiara[va] che detto capitano era tenuto all’ubbidienza» . Lo stesso
                 Supremo magistrato del commercio napoletano, seppur indignato per
                 la sopravvivenza di «questa pirateria» (così veniva definito il dritto di
                 Villafranca), nel 1774 «per oviare a i previsti inconvenienti e strapazzi
                 de nostri sudditi» – alcune imbarcazioni procidane dirette in Spagna
                 non si erano presentate a riva per pagare il dritto – «si offr[ì] di aggiu-
                                                                          62
                 stare col possibile risparmio le pretenzioni di quei fermieri» .
                    Per la verità, l’operato di appaltatori e di imbarcazioni «invigilatrici»
                 era sempre stato dettato dai rapporti di forza tra i principi titolari dei
                 dritti e i governi che esercitavano la loro giurisdizione sulle flotte mer-
                 cantili soggette a tassazione. Le operazioni di riscossione dipendevano
                 dunque più da fattori contingenti, in primis dai rapporti interstatuali,
                 che non dalle (più o meno contrastate) legittimazioni giuridiche formu-
                 late in decreti, istruzioni e memoriali. Alla fine della primavera 1699,
                 appena si venne a sapere che la nave Santo Stefano di capitan Giacomo
                 Restouble, partita da Marsiglia, era stata scortata a Monaco e costretta
                 a consegnare una parte del carico di merluzzo per soddisfare i doga-
                 nieri del porto, il principe Luigi I scrisse al controllore delle finanze
                 francese conte di Pontchartrain per informarlo di aver dato ordine di
                 rilasciare tempestivamente il maltolto . Nonostante fosse scaduta la
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                 convenzione con la Francia, e non si fosse ancora firmato il rinnovo,
                 nel febbraio 1753 il conte di Mellarede scrisse da Torino al console di
                 Nizza per suggerire che, in caso di incontri con mercantili francesi, il
                 guardacoste «se detourne pour ne pas les rencontrer» .
                                                                     64
                    Quanto agli inglesi, nelle rare occasioni in cui venivano fermati e
                 ispezionati, rispondevano che «le pavillon anglois n’en devoit payer


                    61  Ibidem.
                    62  Adam, DV, m 005/1.
                    63  Anp, AE/B/III/405.
                    64  Adam, CN, 3B2.


                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Aprile 2019      n.45
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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