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Da Altavalle alla Capperrina. Il monastero regio di Santa Maria di Basicò   689


                    patrimonio della comunità religiosa si accrebbe in maniera cospi-
                    cua , non solo per la generosità mostrata dei sovrani , ma anche
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                    perché, fin da subito, divenne uno dei luoghi di monacazione privi-
                    legiati per le fanciulle , tanto delle famiglie feudali, quanto di quelle
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                    appartenenti alle nuove consorterie di estrazione “borghese”, non
                    destinate  al  matrimonio  (per  decisione  del  capo  famiglia   o  per
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                    deve ritenersi assolutamente azzardata, sulla base di quanto riferito ai primi del ’600
                    dal Buonfiglio: «Questo monistero abbraccia gran sito, et ha bella et ben ornata Chiesa,
                    ricche entrate, et dove si rinchiude claustrata gran parte di Nobilissime Vergini di Mes-
                    sina» (G. Buonfiglio Costanzo, Messina città nobilissima, cit., p. 53).
                       43  Nell’ottobre del 1426 Nicola de Santo Peri otteneva a mezzadria dal monastero,
                    per un periodo di 4 anni, una vigna con orto annesso, sita a Messina, nella contrada
                    Playa Romana, per il canone annuo di metà del raccolto e 2 salme di mirto [v. C.M.
                    Rugolo, Agricoltura e classi rurali nel messinese. Ricerche su documenti inediti del sec.
                    XV, «Archivio Storico per la Sicilia Orientale», LXX (1974), pp. 237-265: 239-243].
                       44  A. Marrone, Repertorio, cit., pp. 390, 488 e 566:
                       - Messina, 28 gennaio 1366, ind. IV (Asp, R. Cancelleria, vol. 6, f. 21): Federico IV
                    ordina ai gabelloti o credenzieri delle tonnare di Palermo che, dalla IV ind. presente in
                    avanti, vengano assegnati all’abbadessa e monache di Santa Maria di Basicò di Messina,
                    15 barili di tonnina;
                       - s.d.t., 19 maggio 1368, ind. VI (Asp, R. Cancelleria, vol. 11, ff. 144r-145r): a richie-
                    sta dell’abbadessa e del monastero di Santa Maria di Basicò di Messina, che gode di
                    una rendita di 50 onze assegnata dai sovrani sulla gabella del campo delle vettovaglie
                    della secrezia di Messina, e dichiarano che per l’esiguità delle somme introitate dal ga-
                    belloto della stessa gabella rischia di subire gravi danni, Federico IV ordina ai secreti di
                    Messina di ridurre il salario del credenziere della gabella, finché persisteranno gli scarsi
                    introiti della stessa, da 4 onze a 2 onze annue, dall’1 maggio, ind. VI in avanti;
                       -  Messina,  18  aprile  1370,  ind.  VIII  (Asp,  R. Cancelleria,  vol.  6,  ff.  153r  e  198r):
                    Federico IV conferma ai gabelloti o credenzieri della tonnara di Palermo di avere asse-
                    gnato all’abbadessa e alle monache del monastero di Santa Maria di Basicò, con lettera
                    del gennaio 1366, IV ind., l’annua dotazione di 15 botticelle di tonnina salata.
                       45  Non è dato di sapere su quali basi D. Santoro, Monarchia e fondazioni clariane, cit.,
                    p. 161, abbia affermato che «… la regina Elisabetta di Carinzia qui (scil. a Santa Maria di
                    Basicò) fece educare le figlie». Tale notizia, infatti, non è suffragata da fonti coeve, né tanto
                    meno dalla locale storiografia, anche se nel De vita, et rebus gestis Federici II. Siciliae regis
                    di Francesco Testa, pubblicato a Palermo nel 1775, si afferma, ma con riferimento alla
                    regina Eleonora, che: «non appena il re uscì da questa vita, dedicò sé stessa a Colui che è
                    fonte di ogni consolazione nel collegio delle suore francescane di Catania; in ciò imitata
                    dalle figlie Margherita e Caterina che nel fiore della giovinezza e nel disprezzo delle false
                    lusinghe del secolo, si consacrarono a Cristo – servire il quale è come regnare – nel collegio
                    delle suore francescane detto di Basicò. Caterina, dopo aver governato il collegio santa-
                    mente, morì in odore di santità» (F. Testa, Vita e opere di Federico II, re di Sicilia, introdu-
                    zione di S. Fodale, traduzione di E. Spinnato, Assessorato Regionale ai Beni Culturali e
                    Ambientali e alla Pubblica Istruzione, Palermo 2006, pp. 227).
                       46  È stato rilevato che l’incremento demografico, seguito alla pestilenza del 1347-49,
                    comportò in Sicilia e nei territori peninsulari italiani un corrispondente aumento delle
                    monacazioni,  in  quanto  i  monasteri  furono  considerati  dei  veri  e  propri  contenitori
                    dell’eccedenza della popolazione femminile. A questa ragione di tipo sociologico se ne
                    aggiunge  un’altra  di  ordine  prettamente  economico,  ossia  la  convenienza  della  “dote
                    monastica” rispetto a quella della “dote matrimoniale”, di valore di gran lunga più con-
                    sistente (v. C. Salvo, Monache a Santa Maria dell’Alto. Donne e fede a Messina nei secoli
                    XV e XVI, Società Messinese di Storia Patria, Messina, 1995, pp. 28-29 e bibl. ivi cit.).


                                              Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Dicembre 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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