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Da Altavalle alla Capperrina. Il monastero regio di Santa Maria di Basicò 691
di rango feudale – che nella città dello Stretto ricoprivano un ruolo
importante, sia perché i membri risultano ripetutamente attestati, dai
tempi del Vespro, come giudici della corte stratigoziale (Ansalone, de
Bufalo, de Bonifacio, de Falcone, de Peregrino, di Giovanni, Campolo)
e notai (di Giovanni, de Palacio, de Brullis, Calluna, Crispo, Gallo, de
Peregrino, Cacciola, Mazzarino), ma anche e, soprattutto, perché ripe-
tutamente presenti nella giurazia (Bellone, de Bonifacio, de Bufalo, Ci-
rino, de Costanzo, de Ioffo, Campolo, Moleti, de Pactis, di Giovanni,
Spatafora, Fontana, Romano, Compagna) e nel capitolo della catte-
drale (de Enrico, de Omodeo, Ansalone, de Palacio, Mazzarino, de Zuc-
caratis, de Peregrino, Romano, Compagna, Bellone, de Lignamine, de
Bufalo, Moleti, de Gregorio) .
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Santa Maria di Basicò, dunque, nel panorama messinese di fine
Tre-primi Quattrocento, a somiglianza di quanto accadrà in altri centri
urbani della Sicilia e a Napoli , come pure in alcuni contesti dell’Ita-
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lia centro-settentrionale , diventa luogo privilegiato «del vissuto reli-
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gioso femminile, di elaborazione spirituale e culturale, ma anche di
relazioni politiche e sociali, di configurazione delle strategie familiari,
di produzione e redistribuzione di risorse patrimoniali e simboliche» .
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La studiosa, infatti, ritiene, sulla scorta di due superstiti contratti ove compaiono la
badessa e alcune religiose, che la comunità monastica di Santa Maria di Basicò contasse
10 monache nel 1418 e 25 nel 1445. Come chiarito nella nota procedente, nei contratti
in cui era parte il monastero, a quello della badessa facevano seguito i nominativi delle
monache che costituivano la maior et sanior pars della comunità, ossia la maggiore e
più autorevole porzione di religiose dell’istituto. Infatti analizzando più partitamente i
documenti membranacei che ci sono pervenuti, il numero delle monache, compresa la
badessa, era di almeno 13 nel 1387, 10 nel 1418, 8 nel 1420, 13 nel 1435-36, 24 nel
1443, 27 nel 1445, 28 nel 1452, 33 nel 1460, 24 nel 1471, 40 nel 1477, con notevoli
varianti in contratti stipulati nel medesimo anno. In ogni caso, a sostegno del mio ra-
gionamento, cito una supplica del monastero a papa Eugenio IV del 9 gennaio 1445 in
cui si implorava l’esenzione dal pagamento della quarta canonica all’arcivescovo, poiché
la comunità era composta da «quinquaginta vel circa numero» di monache (v. F. Terrizzi,
Santa Eustochia Smeralda, cit., p. 65 n. 50).
52 C. Salvo, Una realtà urbana nella Sicilia medievale, cit., Appendici I-III; Ead., Giu-
rati, feudatari, mercanti. L’élite urbana a Messina tra Medio Evo e Età Moderna, Biblio-
polis, Napoli, 1995, pp. 139-163; G. Mellusi, Canonici e clero, cit., Appendice 5.
53 Per Palermo, nel periodo Tre-Quattrocento, si rinvia alle due recenti monografie
di P. Sardina, Il monastero di Santa Caterina e la città di Palermo, Mediterranea-Ricerche
Storiche, Palermo 2016 e Per gli antichi chiostri. Monache e badesse nella Palermo me-
dievale, University Press, Palermo, 2020
54 Per tutti, v. E. Novi Chavarria, Monache e gentildonne. Un labile confine. Poteri
politici e identità religiose nei monasteri napoletani. Secoli XVI-XVII, F. Angeli, Milano,
2001.
55 V. G. Zarri, Recinti. Donne, clausura e matrimonio nella prima età moderna, Il Mu-
lino, Bologna, 2000.
56 E. Novi Chavarria, Prefazione a La città e il monastero. Comunità femminili cittadine
nel Mezzogiorno moderno, Atti del Convegno di Studi (Campobasso, 11-12 novembre
2003), a cura di E. Novi Chavarria, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2005, p. 7.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Dicembre 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)