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                Primo console e imperatore, gli scambi diplomatici si erano svolti se-
                condo canoni tradizionali, attraverso comunicazioni fra capi di Stato,
                ministri e ambasciatori e cercando di raggiungere su ogni questione
                un punto d’accordo, cedendo ognuno qualcosa (non necessariamente
                in parti uguali), adesso questo modello si spezza. Le due parti formal-
                mente continuano a parlarsi, ma nei fatti si tratta di un dialogo fra
                sordi,  che  usano  linguaggi  e  schemi  totalmente  diversi.  Napoleone
                concentra  tutta  l’attenzione  sul  temporale,  sull’hic  et  nunc,  intende
                trattare il papa come un principe secolare, senza considerare il suo
                ruolo di capo spirituale. A Roma, invece, sembra ormai acquisita la
                certezza che il corso degli eventi è inevitabilmente segnato. La contro-
                parte, forte della sua schiacciante superiorità militare, ha chiarito la
                sua posizione riguardo all’indipendenza politica del papa, e non tor-
                nerà indietro. Si ritiene quindi inutile continuare a cercare accomoda-
                menti, poiché ogni cedimento è visto come una compromissione. Le
                lettere  e  i  vari  dispacci  romani  di  risposta  alle  reiterate  ingiunzioni
                napoleoniche  diventano  altrettante  particolareggiate  affermazioni  di
                principio, rivolte non tanto verso l’imperatore (si sa che non le leggerà
                nemmeno ),  ma  verso  i  posteri,  davanti  a  cui  si  vuole  giustificare
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                l’agire papale e dimostrare che sui diritti della Santa Sede non ci sono
                stati cedimenti di sorta. Si vede la mano di Pio VII: pieno di scrupoli
                per aver mostrato eccessiva condiscendenza verso Napoleone, impone
                una linea di fermezza e si prepara già alla persecuzione .
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                   La lettera di risposta a Napoleone del 21 marzo  è un esempio elo-
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                quente di quanto appena detto. Riferendosi alla missiva del 13 feb-
                braio, si dice che

                   Si aggira questa sopra tanti, e sì pesanti oggetti, contiene principii, do-
                mande, e querele di tanta amarezza, corrispondente infine in tal maniera a ciò
                che per ordine della M. V. ci aveva già fatto sentire il di lei ministro, che noi ci
                renderemmo responsabili a Dio , al mondo cattolico, ed all’età future della più
                colpevole debolezza , se non svelassimo i nostri sentimenti nella maniera la
                più aperta, e la più libera, e se trascurassimo di dare alle dimande che ci si
                fanno, ai principii che si propongono, alle lagnanze che si promovono, quelle
                risposte, che ci sono dettate dall’intimo sentimento della giustizia, della verità,
                e dell’innocenza.
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                   36  Cfr. dispaccio di Ercole Consalvi a Giovanni Battista Caprara, Roma, 17 giugno
                1806, ivi, c. 80 v .
                   37  Cfr. A. Latreille, L’Église catholique et la Révolution cit., vol. 2, pp. 118 e 126.
                   38   Lettera  di  Pio  VII  a  Napoleone,  Roma,  21  marzo  1806,  Documenti  relativi  alle
                contestazioni cit., v. 1, pp. 36-70.
                   39  Lettera di Pio VII a Napoleone, Roma, 21 marzo 1806, ivi, p. 37. Il corsivo è mio.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Dicembre 2021
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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