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L’opera storiografica di Romualdo Giuffrida 731
cominciarono ad aprirsi sempre più verso le nuove idee liberali e a
vedere con favore un mutamento di regime. In assenza di un sistema
creditizio moderno e nella impossibilità di reperire capitali privati in
loco, le autorità siciliane furono costrette a ricorrere ai banchieri stra-
nieri per ottenere le anticipazioni di cui la Tesoreria aveva bisogno,
anche per far fronte alle spese comuni del governo di Napoli, alle quali
annualmente la Sicilia contribuiva in ragione di un quarto e che nel
bilancio preventivo del 1851 ammontavano a oltre 3.600.000 ducati.
Ai contributi annuali bisognava aggiungere gli arretrati che la Sicilia
non aveva pagato negli anni della rivoluzione del 1848-49 e Napoli non
intendeva fare sconti, anzi la gravava delle spese di guerra sostenute
per la riconquista dell’isola.
Nella ricostruzione delle difficoltà finanziarie della Tesoreria sici-
liana Giuffrida risale al 1812, quando il parlamento siciliano prese
in considerazione l’opportunità del consolidamento del debito pub-
blico. La situazione precipitò dopo i moti del 1820-21 e fu necessario
prima ricorrere a un prestito di un milione di onze dalla casa Viollier,
da restituirsi in 18 anni a un interesse a scalare del 10 per cento, e
poi nel 1828 studiare un progetto di consolidamento dei debiti della
Tesoreria verso i privati con rendite al 4 per cento da iscrivere su un
Gran Libro del debito pubblico, che però non fu istituito, né lo era
ancora dopo gli avvenimenti del 1848-49, che resero ancora più pe-
sante la situazione debitoria della Tesoreria siciliana: il ministro Cas-
sisi parlava di «immensi suoi debiti», che per venti milioni di ducati
furono consolidati e con una rendita al 5 per cento. Ma rimaneva
ancora un deficit di circa 500.000 ducati, che il governo non sapeva
come saldare: deficit balzato a quasi un milione nel bilancio preven-
tivo del 1851.
Fu giocoforza allora chiedere una anticipazione su pegno alla filiale
napoletana della casa bancaria Rothschild, anche perché non si era
trovato nessun altro banco disposto a fare prestiti alla Tesoreria sici-
liana, per il grave stato di crisi in cui versava. Ma la trattativa non fu
affatto agevole e il ministro Cassisi a un certo punto considerò inac-
cettabili «le proposizioni del figlio d’Israello», ossia dell’ebreo Roth-
schild. Grazie a un’ampia documentazione di primissima mano, il la-
voro di Giuffrida ricostruisce in modo analitico l’intero iter della vi-
cenda, dalla concessione del prestito (che tra parentesi si rivelò insuf-
ficiente) sino alla sua restituzione nel 1855, per la quale sorse un’ul-
tima controversia, perché la banca pretendeva la restituzione in con-
tanti a Napoli e il governo siciliano voleva evitare «il pericolo del mate-
riale invio di così ingente massa di numerario per la via del mare in
un tempo in cui s’incominciava a patire l’influenza di una stagione
difficile alla navigazione». Alla fine il prestito fu rimborsato a Palermo
con un aggravio di mille ducati.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Dicembre 2021
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)