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L’opera storiografica di Romualdo Giuffrida                      735


                    Castelbuono, anche grazie al toponimo che contrassegna ormai la con-
                    trada dove essa era ubicata.
                       La cartiera entrò in funzione nel 1823, ma sulla base di mie suc-
                    cessive ricerche posso affermare che era in costruzione già nel 1808,
                    quindici anni prima, a cura di operai fatti venire appositamente da
                    Monreale. Mi sono chiesto il perché si ricorresse a manodopera mon-
                    realese per la costruzione di una cartiera e non del luogo, ritenuta
                    evidentemente non capace. A parte il fatto che nel monrealese esiste-
                    vano già alcune cartiere, la tecnica di costruzione di una cartiera ali-
                    mentata ad acqua non è molto diversa da quella dei mulini, che in
                    territorio di Monreale sono numerosissimi. Gli esperti, i detentori della
                    tecnologia  necessaria  a  far  funzionare  una  cartiera,  erano  quindi  a
                    Monreale, non a Castelbuono.
                       Giuffrida nel suo saggio ricostruisce i difficili rapporti tra i proprie-
                    tari e il governo borbonico, restio a concedere alcune agevolazioni, e
                    ne segue l’attività per alcuni decenni con lavoratori chiamati apposi-
                    tamente da Voltri, i cui eredi furono presenti a Castelbuono sino agli
                    anni  Cinquanta  del  secolo  scorso.  Naturalmente  i  costi  d'esercizio
                    piuttosto pesanti per l'azienda, che per di più doveva fare i conti con
                    l'alto  prezzo  raggiunto  dalla  materia  prima  (gli  stracci)  subito  dopo
                    l'entrata in funzione della fabbrica, a causa dell'incetta che ne face-
                    vano i commercianti per esportarla, con l'intento di mettere in diffi-
                    coltà la cartiera castelbuonese e costringerla possibilmente alla chiu-
                    sura. Così pensava anche il Luogotenente generale di Sicilia e quasi
                    certamente il suo sospetto non era infondato: «sapendo i negozianti
                    stranieri per mezzo dei loro corrispondenti in questa parte dei reali
                    dominii che verrebbe ad essi a scemare il traffico degli stracci e ve-
                    dendo essi altresì annientato il commercio della loro carta collo stabi-
                    limento di una cartiera siciliana, tanto per l'uno che per l'altro oggetto
                    incaricherebbero i loro commissionati in questa parte dei reali dominii
                    a comprare anche a prezzo strabocchevole gli stracci onde privarne la
                    nostra cartiera ovvero farglieli comprare a tale prezzo che i fratelli Tur-
                    risi scorgendo in risultato infruttuosa la loro speculazione se ne ritrar-
                    rebbero in breve».
                       Il governo non accettò la richiesta dei Turrisi di vietare l'esporta-
                    zione degli stracci, ma ne elevò il dazio a 4 ducati a cantaro, per ridurlo
                    ancora a 2 tarì, di fronte alle proteste dei commercianti di Messina,
                    che lo ritenevano ancora elevato. Si trattava di una aliquota pari a un
                    quarto di quella in vigore contemporaneamente sulla terraferma na-
                    poletana a protezione delle cartiere napoletane, lasciata invece a 8 du-
                    cati. Giuffrida è del parere che «l'aumento dell'esportazione della strac-
                    cia [provocava] quello considerevole del suo prezzo ... rendendo così
                    precarie le condizioni della cartiera Turrisi che produceva in pura per-
                    dita». Penso che la sua chiusura non possa imputarsi alla mancata




                                              Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVIII - Dicembre 2021
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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