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                per le strade delle città. Il fenomeno, già in atto dalla fine degli anni
                Sessanta in diversi paesi in cui vi era una consistente diaspora ar-
                mena, si manifestò in ritardo in Italia ma era destinato ad avere un
                significativo impatto, analogamente a quanto stava avvenendo in altri
                contesti. Il passaggio da commemorazioni tenute all’interno delle co-
                munità  a  manifestazioni  pubbliche  segnò,  infatti,  la  trasformazione
                della memoria della tragedia armena da fatto “intimo” legato al vissuto
                personale di quanti ne erano stati toccati direttamente a un evento
                dalla forte valenza civile e culturale. Non è un caso che la prima me-
                moria pubblica del genocidio in Italia si sia svolta nel 1976 non a Mi-
                lano, dove era presente la più consistente comunità armena italiana,
                ma a Roma, a rimarcare la volontà di mettere al centro dell’attenzione
                delle istituzioni e dell’opinione pubblica del paese la dolorosa vicenda
                del popolo armeno.
                   Tale mutamento è riscontrabile nel profilo piuttosto “interno” che
                ebbe la memoria del genocidio organizzata alla Casa Armena di Milano
                nel 1976, con la presenza di Armin Wegner, l’ex ufficiale dell’esercito
                tedesco che durante la prima guerra mondiale fu testimone oculare
                delle violenze anti-armene riuscendo a documentare con la macchina
                fotografica tali eventi, rispetto al carattere pubblico della mostra con
                le immagini così eloquenti di Wegner che si tenne nel 1977 al Museo
                di Roma . Rendere pubblica tale memoria, significava non solo far
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                conoscere un evento storico ignoto ai più, ma anche richiamare indi-
                rettamente gli italiani alla “responsabilità collettiva” di non essere in-
                differenti al “grande male” (con questa espressione – in lingua armena
                Metz Yeghern – si indica il genocidio durante la prima guerra mon-
                diale)  che aveva colpito nel passato alcuni dei loro concittadini.
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                   Si tratta di istanze molto importanti nelle quali si intrecciavano la
                volontà dei giovani armeni di rinnovare alcune delle espressioni iden-
                titarie tradizionali della comunità e il clima culturale di quel periodo
                propenso a una particolare attenzione ai movimenti di liberazione anti-
                coloniali e alle cause dei popoli oppressi. Non vanno, peraltro, trascu-
                rati anche gli echi del dibattito che si era aperto in Germania, proprio
                negli anni Sessanta, a opera delle giovani generazioni sulle respon-





                   41  Si veda A. Nencioni (a cura di), Storia della casa armena, cit., p. 56. Su Armin
                Wegner si veda Armin Wegner e gli armeni in Anatolia, 1915. Immagini e testimonianze,
                Guerini, Milano, 1996. Sul ruolo delle immagini di Wegner nella storia del genocidio
                armeno si rimanda a B. Guerzoni, Cancellare un popolo. Immagini e documenti del geno-
                cidio armeno, Mimesis, Milano –Udine, 2013, pp. 209-276.
                   42  Si veda C. Mutafian, Metz Yeghérn. Breve storia del genocidio armeno, Guerini,
                Milano, 1995.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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