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Tra due diaspore: ebrei levantini ed egiziani in Italia (1948-1957) 57
del Paese. Benché sia sempre difficile indicare numeri precisi, sem-
bra di poter affermare che oltre mille ebrei vennero arrestati, per più
di metà cittadini egiziani, gli altri apolidi e di altre nazionalità, men-
tre tra i tredicimila cittadini inglesi e francesi espulsi molti erano
ebrei. In aggiunta a ciò, nelle settimane successive altri cinquecento
ebrei apolidi vennero espulsi. Ancor più gravi furono i provvedimenti
economici, che determinarono una forte crescita dell’emigrazione
“volontaria”. Se a fine novembre 1956 le espulsioni dirette cessarono,
infatti, il crescente numero di espropri delle proprietà di persone in-
carcerate o sottoposte a sorveglianza, il congelamento di numerosi
conti correnti bancari e un accentuato boicottaggio delle imprese
ebraiche indussero molti ebrei a lasciare l’Egitto, obbligati a firmare
una dichiarazione in cui assicuravano di rinunciare al diritto di ri-
tornare e di escludere qualsiasi rivendicazione nei confronti dello
Stato egiziano per i beni perduti. Certo è che dei circa quarantacin-
quemila ebrei presenti in Egitto alla vigilia della crisi, più di ventimila
lasciarono il Paese tra il novembre 1956 e il giugno 1957, mentre
l’esodo proseguì anche negli anni successivi, tanto che alla fine del
1960 rimanevano in Egitto tra gli otto e i diecimila ebrei: poco più di
un decimo della comunità pre-1948 .
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Le condizioni in cui si svolse l’esodo di massa dell’inverno 1956-
1957, avvenuto in un clima di grande concitazione e urgenza e mentre
erano fortissime le tensioni tra l’Egitto e i paesi occidentali, a comin-
ciare ovviamente da Francia e Gran Bretagna, contribuirono a rendere
centrale il ruolo della Penisola come approdo, quantomeno tempora-
neo, per un ampio numero di profughi ebrei. E questo per vari motivi.
In primo luogo, il governo italiano aveva sviluppato negli anni prece-
denti rapporti cordiali con il regime di Nasser, che sopravvissero anche
di fronte alla crisi del 1956, e che contribuirono a rendere più agevole
la concessione di lasciapassare in uscita verso l’Italia da parte delle
autorità del Cairo . La collettività italiana era, inoltre, storicamente
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numerosa in Egitto. Benché rapidamente ridottasi tra la Seconda
guerra mondiale e la metà degli anni Cinquanta, essa aveva ancora
una discreta consistenza, tanto da essere stimata nel 1960, dopo l’ul-
teriore contrazione determinata dagli eventi del 1956, attorno alle
quattordicimila unità . Il conflitto del novembre 1956 causò un au-
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mento delle domande di rimpatrio verso l’Italia: per far fronte a questa
41 Su questi sviluppi si rimanda a M. Laskier, Egyptian Jewry under the Nasser Re-
gime, cit., pp. 579-586; J. Beinin, The Dispersion of Egyptian Jewry, cit., pp. 87-88.
42 Sui rapporti tra Italia ed Egitto negli anni precedenti alla crisi, cfr. F. Onelli,
All’alba del neoatlantismo: la politica egiziana dell’Italia (1951-1956), Franco Angeli,
Milano, 2013.
43 Cfr. D. Amicucci, La comunità italiana in Egitto attraverso i censimenti, cit., p. 82.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)