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                per ricongiungersi al marito e studiare farmacia. Nonostante gli ita-
                liani le sembrassero «gentili e accoglienti», la sua integrazione si è ri-
                velata più sofferta. Fuori dai circuiti studenteschi e politici, madre di
                due figlie e trapiantata in una comunità indifferente ai patimenti del
                suo popolo, Fatena ha studiato l’italiano con TG e telenovele. L’espe-
                rienza universitaria, proseguita con un dottorato di ricerca sempre a
                Pisa, è stata tutto sommato frustrante, segnata da solitudine ed epi-
                sodica discriminazione. Prevedibilmente, il fatto di essere musulmana
                e donna – a differenza della maggior parte dei palestinesi arrivati sino
                ad allora: uomini, non particolarmente religiosi, che sposarono donne
                italiane – ha complicato non poco i processi di adattamento e inclu-
                sione. Come asserzione d’indipendenza più che di fede, Fatena ha inol-
                tre cominciato a portare il velo:

                in  farmacia,  dove  avevo  trovato  un’occupazione,  non  volevano  persone  che
                portassero il velo. Così ho dovuto adattarmi e oggi lavoro al centro per l’im-
                piego come segretaria. […] Quando mi vedono con il velo, gli italiani di solito
                si atteggiano in modo diverso, ma sono abituata. Mi chiedono: «perché tu hai
                un lavoro e io non ce l’ho?» 80 .


                L’Unione generale dei giovani palestinesi e altre reti

                   Tornando ai processi di integrazione degli anni ’60-’80, è importante
                tenere presente il ruolo cruciale delle reti palestinesi in Italia, le quali
                ridussero i costi sociali e culturali della migrazione in maniera apprez-
                zabile . Secondo un appunto del ministero dell’Interno, nell’autunno
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                del 1969 erano già attivi svariati gruppi e associazioni che coinvolgevano
                i palestinesi direttamente o indirettamente. Tra questi vi erano la Lega
                studenti arabi, presente a Pisa, Firenze, Perugia e Roma con 245 iscritti
                complessivi,  il  Circolo  arabo  e  islamico  di  Torino,  con  30  iscritti,  il
                Fronte  studentesco  arabo  progressista  a  Perugia,  con  30  iscritti,  e
                l’Unione generale degli studenti palestinesi a Perugia, con 20 iscritti .
                                                                                 82
                   Proprio quest’ultimo gruppo, noto con l’acronimo anglosassone di
                General Union of Palestinian Students (Gups, di solito declinato al sin-
                golare  maschile),  sarebbe  diventato  la  stella  polare  per  gli  studenti





                   80  F. Ahmad, int. 16 aprile 2021.
                   81  Sul ruolo dei network di solidarietà, si veda M.K. Doraï, Palestinian Emigration
                from Lebanon to Northern Europe: Refugees, Networks, and Transnational Practices, «Re-
                fuge», A. 21, n. 2 (2003), pp. 23-31.
                   82  Appunto della Dgps, Divisione Aa Gg, Servizio stranieri, 11 novembre 1969, in
                Acs, Mi, Dgps, Dag, B. 312.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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