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Ferrante d’Aragona: un figlio naturale per il trono di Napoli    715


                    estremamente venali, ma anche perché era debitore di una cospicua
                    somma di denaro al genovese Antonio Calvo, che aveva lasciato come
                    castellano a Napoli . Il duca d’Angiò attribuiva quindi soprattutto alla
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                    crisi finanziaria, che lo aveva assillato sin dal suo arrivo a Napoli, la
                    causa della perdita della capitale e la forzata rinuncia al Regno. Si era
                    però accorto troppo tardi che, data la ristrettezza di risorse di cui po-
                    teva disporre, sarebbe stato difficile competere con il sovrano arago-
                    nese per la successione al trono napoletano. Il Calvo ricevette il denaro
                    di cui era creditore da Alfonso, che si impadronì di Castel Nuovo, ce-
                    duto con la condizione, accolta dal re, che si concedesse il perdono a
                    Giovanni Cossa, a Ottino Caracciolo e agli altri baroni filoangioini che
                    vi  si  erano  rifugiati.  In  precedenza  si  erano  arresi  anche  Castel
                    Sant’Elmo e Castel Capuana e nessuna sacca di resistenza angioina
                    vi era perciò più nella capitale .
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                       La notizia della conquista di Napoli fu appresa a Barcellona il 26
                    giugno e i consiglieri locali tramite il loro emissario Antonio Vinyes si
                    congratularono subito con il re per «la sua eccezionale impresa, alla
                    quale Dio Onnipotente vincitore delle battaglie, ha donato la gloriosa
                    conclusione», e ne approfittarono tuttavia per rinnovargli ancora una
                    volta la richiesta di rientrare al più presto in patria, avendo raggiunto
                    l’obiettivo che con tanta tenacia si era prefisso .
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                       Eliminate pressoché completamente nei mesi successivi le ultime
                    resistenze angioine nel Regno, rafforzatosi il legame con il duca di Mi-
                    lano e ottenuto il consenso del papa, propenso ormai a concedere al
                    re d’Aragona la tanto sospirata investitura, alla fine del 1442 «la lunga
                    guerra di successione apertasi sette anni e mezzo prima con la morte
                    di Giovanna II era finita». L’impegno di Alfonso per la spedizione na-
                    poletana  era  tuttavia  datato  ancora  più  indietro  nel  tempo,  risaliva
                    infatti al lontano 1420, quando, accolto l’appello della regina, aveva
                    dato inizio all’ambiziosa impresa, interrotta poi per un decennio per i
                    problemi sorti in Spagna. La vittoria conseguita dopo oltre «due de-
                    cenni di pensieri e affanni […] si volle solennizzare con una inebriante
                    manifestazione, che ebbe i suoi principali ideatori negli umanisti di
                    corte: infatti essa venne modellata sulle feste trionfali rese in Roma





                       44  A. Di Costanzo, Historia del Regno di Napoli cit., Libro XVIII, p. 396. Renato d’Angiò
                    disse al papa di volere «andarsene in Francia, acciò che non facessero mercantia di lui
                    i disleali Capitani Italiani».
                       45  G. Zurita, Anales de la Corona de Aragón cit. Libro XV, cap. 11, f. 274v; A. Von
                    Platen, Storia del Reame di Napoli,cit., p. 187.
                       46  Mensajerós barceloneses en la corte de Napoles de Alfonso V de Aragón 1435-1458,
                    ed. J. M. Madurell Marimón, Atenas, Barcelona 1963, doc. 156, p. 212.


                                               Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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