Page 194 - 1
P. 194
720 Giuseppe Caridi
L’amministrazione della giustizia e la difesa del Regno erano quindi
le priorità alle quali il sovrano intendeva provvedere perché riteneva
che dall’efficace azione svolta in questi settori dipendesse il manteni-
mento della pace all’interno e all’esterno del suo nuovo Stato. Gli obiet-
tivi che Alfonso si proponeva di conseguire sembrano pertanto sostan-
zialmente simili a quelli che periodicamente lo avevano spinto a con-
vocare le Corti degli altri Stati della sua Corona e tuttavia – è stato
opportunamente notato – «dietro i medesimi stilemi retorici e cancel-
lereschi» vi erano profonde differenze dovute ai diversi contesti poli-
tici . Più ristretto era infatti l’ambito delle materie trattate e molto più
59
breve la durata del Parlamento napoletano rispetto alle assemblee dei
Regni spagnoli della Corona d’Aragona che, come si è potuto osservare,
si occupavano di numerose questioni e si protraevano per mesi e a
volte addirittura per anni quando particolarmente aspro era il conten-
zioso tra il re, cui premeva ottenere generalmente un sussidio finan-
ziario, e i Bracci, che chiedevano solitamente l’osservanza dei fueros
(diritti) e l’eliminazione di presunti gravami.
Appena il sovrano ebbe concluso il discorso di apertura, i baroni si
alzarono in piedi in segno di rispetto e il conte di Fondi, nella sua
qualità di protonotario, «inginocchiatoseli prima avanti, lo ringraziò
per le tante fatiche sofferte per la liberazione del Regno, e disse esser
cosa conveniente, anzi necessaria, & onorata soccorer la Maestà Sua,
e costituirli un annuo pagamento per la sua mensa» . Ottenne quindi
60
da Alfonso il permesso di potersi riunire con gli altri baroni per discu-
tere del modo in cui avrebbero dovuto soddisfare la sua richiesta fi-
nanziaria. Si decise pertanto di fornire al fisco regio un annuo contri-
buto di dieci carlini a fuoco – cioè a nucleo familiare – che si sarebbe
riscosso da tutte le università del Regno sottoposte a periodici censi-
menti. In cambio di tale imposta, da cui erano esentati gli ecclesiastici,
ogni fuoco avrebbe ricevuto un tomolo di sale e non avrebbe dovuto
essere soggetto a ulteriori contribuzioni, che si sarebbero perciò abo-
lite. Nella seduta successiva, tenutasi il 2 marzo, il sovrano accettò
l’offerta del Parlamento e abrogò tutte le precedenti contribuzioni or-
dinarie e straordinarie, riservandosi tuttavia la riscossione dei diritti e
delle rendite delle dogane, delle secrezie e delle gabelle, imposte indi-
rette pertinenti al fisco regio, che secondo le Costituzioni del Regno
non potevano abolirsi e il cui importo ammontava a circa 50.000 du-
cati annui. In realtà, «la introduzione d’una base per la ripartizione
delle imposte e d’una imposta unica per famiglia non escluse le tasse
straordinarie, come quelle attinenti all’incoronazione o al riscatto del
59 F. Senatore, Parlamento e luogotenenza generale cit., p. 445.
60 G. Summonte, Historia della Città e Regno di Napoli cit., Libro IV, p. 19.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)