Page 190 - 1
P. 190

716                                                    Giuseppe Caridi


                antica ai Cesari ed ai condottieri reduci nell’Urbe da vittoriose imprese
                straordinarie» .
                             47
                   Il 26 febbraio 1443 Alfonso V d’Aragona – intitolatosi Afonso I come
                re di Napoli e comunemente noto poi con l’appellativo di Magnanimo,
                datogli dagli umanisti per il mecenatismo e la prodigalità verso gli uo-
                mini di cultura – fece il suo fastoso ingresso nella capitale, osserva
                Zurita,

                con grande solennità di trionfo e festa, come un vincitore, e dentro un carro
                trionfale di quattro cavalli bianchi, e un altro che andava avanti, e con quella
                maestosità, e pompa, che si può emulare dai tempi antichi. I rappresentanti
                del governo della città fecero demolire quaranta braccia di muro al mercato, e
                accorsero a questo ingresso tutti i Principi e Baroni del Regno; e fu festa di
                tanta gioia generale e allegria universale, che giammai si vide in quei tempi
                tra vincitori e vinti, e fu una rappresentazione del valore, e della grandezza
                d’animo, e della clemenza, e liberalità di quel Principe, senza che vi fosse al-
                cuna parvenza di offesa, vendetta, o tirannia 48 .

                   Trenta esponenti dell’aristocrazia sostenevano un baldacchino so-
                vrastante il re, che indossava «una tunica di velluto cremisi foderata
                di martore calabresi e con nelle mani il globo e lo scettro, simbolo della
                sovranità» . Presso il carro reale cavalcava il principe di Taranto, che
                          49
                non aveva voluto reggere con gli altri nobili il baldacchino sembrando-
                gli un atto umiliante. Subito dietro il re avanzava Ferrante, a cui fu
                riservato un posto di rilievo davanti ai rappresentanti del clero e della
                nobiltà, seguiti da drappelli di uomini a cavallo, fra i quali si distin-
                guevano i fiorentini.

                   Precedevano dodici giovinetti a cavallo elegantemente vestiti con bardature
                risonanti. Li seguiva la Fortuna colla sua ruota. Poscia comparvero le Virtù
                colla Giustizia sovrastante a tutte; e dopo di esse un Giulio Cesare coronato,
                il quale si fece innanzi al re, e gli presentò le Virtù: «Tu le hai sinora nudrite,
                conservale sino alla fine! Imperocché non esse, ma la Fortuna è malsicura.
                Nondimeno prega Dio che conservi la tua fortuna, e al Comune di Firenze la
                libertà». Poscia succedevano altre cavalcate di Spagnuoli e Napolitani.





                   47  E. Pontieri, Alfonso il Magnanimo re di Napoli (1435-1458), Edizioni Scientifiche
                Italiane, Napoli 1975, p. 50.
                   48  G. Zurita, Anales de la Corona de Aragón cit., Libro XV, cap. 17, f. 279r-v. I fe-
                steggiamenti con giostre e tornei durarono «molti giorni, adottando il Re una incredibile
                liberalità, e magnificenza. Perdonava i nemici, lasciando loro parte dei beni, e ai leali
                servitori aumentava i loro Stati, e titoli».
                   49  E. Pontieri, Alfonso il Magnanimo re di Napoli cit., p. 50.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
   185   186   187   188   189   190   191   192   193   194   195