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                locale,  convocò  il  Parlamento  generale,  istituzione  tipica  degli  Stati
                feudali e che era perciò in vigore anche nel Regno di Napoli. A diffe-
                renza delle Corti degli Stati della Corona d’Aragona, che comprende-
                vano tre Bracci (e l’Aragona addirittura quattro) il Parlamento napole-
                tano era però composto dai soli rappresentanti del baronaggio e delle
                comunità demaniali poiché il clero, in quanto esentato dalle imposi-
                zioni fiscali, non aveva diritto di rappresentanza. Dal momento che le
                terre demaniali erano una minoranza, era tuttavia in genere il braccio
                feudale o militare a svolgere nel Parlamento un ruolo nettamente pre-
                minente. Nel Regno di Napoli tradizionalmente però il Parlamento ge-
                nerale «non aveva un peso politico paragonabile a quello delle Corts
                aragonesi e catalane e di altre assemblee di stato europee. Baroni e
                sindaci delle città demaniali […] non ebbero mai, come corpi politici,
                una funzione “costituzionale”, né nel parlamento, come bracci o sta-
                ments dello stesso, né al di fuori di esso». Le notizie lacunose e fram-
                mentarie di quelle assemblee, pervenute peraltro per lo più da fonti
                indirette – diversamente dai ponderosi verbali delle Corti degli Stati
                iberici conservati negli archivi – sono del resto indicative della pecu-
                liarità dell’istituto napoletano . Riunitosi prima della seduta di Bene-
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                vento per l’ultima volta nel 1394, esso non era infatti soggetto a norme
                ben definite per quanto riguardava i termini di convocazione, il luogo
                della riunione e la stessa composizione dell’assemblea e soprattutto
                non era in grado di esercitare «un’opera di limitazione costituzionale»
                dell’autorità regia . Altra caratteristica del Parlamento generale del
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                Regno di Napoli, che sarebbe durata per tutto il periodo aragonese –
                nel corso del quale si ha notizia di solo poche sporadiche riunioni –
                era poi la scarsa o addirittura nulla partecipazione dei rappresentanti
                delle  città  demaniali  e  il  ruolo  predominante  giocato  perciò  sempre
                dalla feudalità.
                   Alla convocazione del Parlamento generale, Alfonso aveva già prov-
                veduto il 31 dicembre 1440 con dispaccio emanato a Barletta e diretto
                al segretario Giovanni Olzina con cui ordinava che il consesso si riu-
                nisse a Benevento il 31 gennaio dell’anno seguente e vi partecipassero
                «gli illustri Principi, Duchi e Marchesi e gli spettabili e magnifici conti
                e gli altri magnati baroni feudatari del Regno» . Alla riunione, a cui
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                   54  F. Senatore, Parlamento e luogotenenza generale. Il Regno di Napoli nella Corona
                d’Aragona, in La Corona de Aragón en el centro de su istoria, 1208-1458, Gobierno de
                Aragón, Zaragoza 2008, pp. 436-444.
                   55  E. Besta, Il diritto pubblico nell’Italia meridionale dai Normanni agli Aragonesi, CE-
                DAM, Padova 1929, pp. 29-30.
                   56  E. Pontieri, Alfonso il Magnanimo re di Napoli cit., p. 70. Alla prima seduta a Be-
                nevento furono presenti 35 baroni, cfr. A. Gimenèz Soler, Itinerario del rey don Alfonso
                V cit., pp. 200-201.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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