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                   A proposito della presenza gesuitica nel mondo coloniale di Antico
                Regime, è stato detto che il personale coinvolto, tranne alcune «lumi-
                nose eccezioni», non fosse scelto tra «i soggetti più validi»; secondo tale
                interpretazione, «i migliori rimanevano in Europa», impegnati nella dif-
                ficile riconquista cattolica, mentre le missioni nel Nuovo Mondo «tal-
                volta erano usate come luogo ove relegare personaggi imbarazzanti da
                un punto di vista religioso e politico [...], o anche semplicemente psi-
                cologico» . Per avallare questa ipotesi, è stato fatto l’esempio dei cata-
                        1
                loghi della Provincia gesuitica brasiliana, sulla base dell'elenco di di-
                versi missionari con «notevoli difetti caratteriali», evidenziati dalla ri-
                corrente presenza dell’aggettivo collericus .
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                   Senza voler disconoscere tale punto di vista, valido anche per le
                missioni in Asia, si potrebbe tentare di analizzare il problema in modo
                diverso. In primo luogo, col precisare che tale aggettivo, all’epoca, non
                aveva un significato necessariamente negativo. Sulla base della filoso-
                fia  aristotelico-tomista  e  soprattutto  dell’antica  teoria  medica  degli
                umori, il ‘collerico’ era considerato un individuo energico, dotato di
                forza di spirito e di ingegno, qualità che gli permettevano di avere una
                buona predisposizione, nello specifico, per l’apprendimento delle lin-
                gue (talentum ad linguas) e per la predicazione (talentum ad conciona-
                tum); caratteristiche certamente essenziali per l’attività missionaria nel
                Nuovo Mondo – e appunto nei cataloghi triennali della Provincia brasi-
                liana vi è un «prevalere consistente dei soggetti [definiti] collerici»  –, ma
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                più in generale funzionali all’ingresso in una compagnia dalla netta
                vocazione attiva ed espansiva come quella ignaziana .
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                   C’è poi un altro aspetto da evidenziare, ancora più importante: tali
                cataloghi non devono essere interpretati come il prodotto di una de-
                scrizione sempre oggettiva dell’esistente, ma come documenti talora
                performativi, e quindi dal valore anche strumentale e rivendicativo. Ne
                sono un esempio quelli compilati, proprio in Brasile, dal gesuita to-
                scano Giovanni Antonio Andreoni nel 1694 (Catalogus Personarum) e
                nel  1698  (Catalogus  Provinciae  Brasilicae  confectus),  così  come  un


                   1  Cfr. S. Pavone, I gesuiti dalle origini alla soppressione. 1540-1773, Laterza, Roma-
                Bari, 2021 (ed. digitale), p. 77.
                   2  Ibidem.
                   3  Cfr. M. Massimi, Estudos sobre a contribuição da antiga Companhia de Jesus ao
                desenvolvimento dos saberes sobre o psiquismo humano no Brasil colonial, «Clio. Revista
                de Pesquisa Histórica», v. 27, n. 2 (2009), pp. 163-191.
                   4  Cfr. L. Ferreira Panazzolo, M. Massimi, Categorias antropológicas nos Catálogos
                Trienais da Companhia de Jesus, «IHS. Antiguos jesuitas en Iberoamérica», v. 3, n. 1
                (2015), pp. 21-45.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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