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Nazioni e fazioni: la frammentazione della compagnia gesuitica nel Brasile coloniale  771


                    eludere le sue disposizioni in qualità di visitatore generale, ordita da
                    «fazioni brasiliane» che lo trattavano come un «vecchio sciocco quasi
                    moribondo» . Vieira scriveva di temere addirittura per la propria vita,
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                    facendo  allusione  al  pericolo  di  una  «nuova  giacintata»  (nova  jacin-
                    tada), in riferimento a quella sorta di cospirazione pianificata contro il
                    gesuita italiano Giacinto de Magistris, che un trentennio prima di lui,
                    in un’epoca in cui erano già comparsi i primi segnali di scontri fazio-
                    nari tra portoghesi, stranieri e «figli della terra», era stato accusato di
                    «demenza» e rimosso dal ruolo di visitatore del Brasile, sulla base di
                    una  decisione  poi  annullata  dal  preposito  generale  Giovanni  Paolo
                    Oliva .
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                       Vieira, in effetti, non nascose mai di preferire i confratelli porto-
                    ghesi,  dei  quali  cercò  in  ogni  modo  di  preservare  la  preponderanza
                    numerica, come espresso in una lettera al preposito generale Goswin
                    Nickel nel 1661 . Era poca la fiducia che egli nutriva nei confronti dei
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                    gesuiti stranieri e quasi nessuna quella verso i gesuiti di nascita bra-
                    siliana, che a suo parere andavano allontanati dalle posizioni di vertice
                    della Provincia e dei vari collegi, e semmai inviati nelle più remote mis-
                    sioni dell’entroterra .
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                       Emblematico, a tal proposito, è uno scritto con cui Vieira si propose
                    di evidenziare e giustificare il «discrimine» esistente tra i «lusitani» nati
                    in Portogallo e quelli nati in Brasile, creoli o comunque di sangue in
                    parte «etiope o indigeno». I primi, allevati «con latte di donne bianche»,
                    venivano fin da piccoli «severamente educati e corretti dai loro geni-
                    tori», conservando con ciò, a suo parere, «il puro sangue paterno» e
                    quindi crescendo «più forti e robusti»; e anche quelli che erano «di umili
                    origini», una volta formatisi come gesuiti e inviati in missione, riusci-
                    vano  a  celare  «tale  difetto»  con  un  comportamento  esemplare.  I  se-
                    condi, invece, i «figli della terra», nati e cresciuti in un ambiente le cui
                    condizioni climatiche favorivano «la più spregevole barbarie», e allevati
                    «con latte di donne nere o miste», erano da Vieira descritti come una
                    «abominevole setta» di individui «oziosi, pigri, bugiardi, volubili, ubria-
                    chi, senza legge, senza fede [e] senza onore»; è vero che molti di loro
                    provavano a farsi gesuiti, ma spesso erano vinti dalla «tentazione di
                    abbandonare la vocazione», dimostrandosi incapaci sia di obbedire agli
                    ordini dei superiori, sia di staccarsi dalla famiglia naturale, con cui
                    anzi solevano mantenere «uno stretto rapporto di sangue» .
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                       32  Arsi, Fondo gesuitico, n. 721, I/1, fasc. 2, cc. 8r-9r.
                       33  Arsi, Brasiliae, n. 3(II), cc. 296r-299v.
                       34  Cfr. S. Leite, História da Companhia de Jesus no Brasil cit., VII, p. 96.
                       35  Arsi, Fondo gesuitico, n. 721, I/1, cc. 58r-59r, 89r-90v.
                       36  Arsi, Brasiliae, n. 3(II), cc. 258r-259v, 294r-299v.


                                               Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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