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772 Matteo Giuli
Per evitare che i gesuiti stranieri e quelli nati in Brasile, nel giro di
«sette o otto anni», assumessero la guida dell’intera Provincia, era dun-
que necessario limitarne la presenza e ostacolarne la carriera in sede
locale, allontanandoli innanzitutto dai collegi più importanti, a partire
da quello di Salvador da Bahia. A parere di Vieira, infatti, «il provin-
ciale, il maestro dei novizi e il procuratore di Lisbona, incaricato di
promuovere le missioni», dovevano essere «tutti portoghesi», così come
gli insegnanti e «gli esaminatori», secondo una distribuzione degli in-
carichi che andava nella direzione opposta rispetto a quanto gli ale-
xandristas tentavano di fare .
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Anche Andreoni di per sé ammetteva che i gesuiti europei erano
«megliori» – come fece in una lettera inviata a Roma nel 1690 –, a con-
dizione però che essi si recassero in Brasile «con spirito di missionarj»,
ciò che accadeva «ordinariamente», a suo dire, con quelli che arriva-
vano «d'Italia, di Fiandra, e di Alemagna»; ma non con coloro che, come
diversi portoghesi, giungevano in Brasile «per mal contenti» e «bu-
scando luogo», ossia solo per ottenervi posizioni di prestigio . Nella
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stessa lettera, Andreoni accusava Vieira di essere «stravagantissimo
nelle idee e infelice in pratica», oltre che di avere, in qualità di visitatore
generale, un «genio molto nationale contro i brasiliani» e favorevole
all’arrivo di altri gesuiti dal Portogallo per formare «maggior fatione»;
in più egli era solito servirsi, a detta di Andreoni, di un’«autorità am-
plissima», si circondava di colleghi «di poca edificatione», voleva «fare e
disfare con pregiudicio dell’osservanza» e «nell’amministratione della
giustitia» si era spesso dimostrato «molto partiale, scusando, coprindo
e difendendo alcuni di suo genio, e havendosi più tosto come avversa-
rio che come giudice contro altri» .
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Opinioni peraltro confermate, quasi in simbiosi, da Alexandre de
Gusmão, secondo cui l’operato di Vieira era addirittura «violento», e di
nuovo ribadite, negli anni successivi, dallo stesso Andreoni, il quale,
rivolgendosi a più riprese al preposito generale Tirso González, cercò
di screditare ogni «calunnia» con cui i «padri portoghesi» si erano nel
frattempo prodigati per indebolire la posizione dei confratelli stranieri
in Brasile, soprattutto se italiani. Il gesuita toscano, oltre ad accusare
Vieira e il suo principale collaboratore, José Soares, faceva i nomi dei
colleghi Baltasar Duarte e Manuel Correia, a cui aggiungeva un per-
sonaggio assai influente del governo lusitano come Francisco de
Távora, all’epoca presidente del Consiglio Ultramarino .
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37 Ibidem.
38 Ivi, cc. 282r-283r.
39 Ibidem.
40 Ivi, cc. 280rv, 302rv, 309r-312v; Arsi, Brasiliae, n. 4, cc. 70r-71v.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)