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                tato qualche anno prima. Ciò avvenne sulla base di una condanna per
                subornazione (sententia de ambitu), che, oltre a Vieira, aveva colpito
                anche uno dei suoi principali collaboratori, il confratello e connazio-
                nale Inácio Faia.
                   Tuttavia, secondo lo storico e gesuita portoghese Serafim Leite, au-
                tore  della  monumentale  História da Companhia de Jesus no Brasil,
                Vieira e Faia furono vittime di accuse pretestuose, tacciati di aver pro-
                vato a favorire un confratello per fargli ottenere la carica di procuratore
                a Roma, dove si sarebbe dovuto affrontare il problema della manodo-
                pera indigena e definire meglio le misure con cui la corte portoghese
                aveva frattanto vietato ai gesuiti stranieri il conferimento dei maggiori
                incarichi in Brasile . Tre anni più tardi, infatti, tale condanna fu di-
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                chiarata «di nessun valore» su intervento del preposito generale Tirso
                González, e la «fama» di Vieira e Faia, che però nel frattempo erano
                deceduti, fu «integralmente» riabilitata .
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                   A  questa  «nuova  giacintata»  parteciparono  sia  Barnabé  Soares,
                all'epoca rettore del collegio di Salvador da Bahia, sia Alexandre de
                Gusmão, padre provinciale del Brasile e, come detto, figura di riferi-
                mento del gruppo degli alexandristas. Con loro, dietro le quinte, si era
                mosso anche Andreoni, il cui intervento aveva contribuito all’elezione
                alla carica di procuratore per Roma di Domingos Ramos, uno dei con-
                fratelli a lui più vicini, ma dalla parte avversa considerato «inquieto,
                orgoglioso, presuntuoso e venerato tra i suoi per la sua terribilità» .
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                   È proprio in questi termini che si espresse un anonimo gesuita del
                collegio di Salvador da Bahia in una relazione, strumentalmente ostile
                nei confronti degli alexandristas, indirizzata al re Pietro II e di rimando
                a «otto vassalli fedeli» della sua corte, con i quali il sovrano veniva in-
                vitato a consultarsi quanto prima . Presentandosi come un «vero por-
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                toghese», spinto «dalla coscienza e dallo zelo veramente portoghesi», e
                avendo tuttavia cura di nascondere la propria identità, l'anonimo re-
                latore si proponeva di informare il sovrano della «nuova giacintata» che



                   43  S. Leite, História da Companhia de Jesus no Brasil cit., VII, pp. 104-108, con rife-
                rimento ad Arsi, Brasiliae, n. 5(II), c. 146rv.
                   44  Arsi, Barsiliae, n. 1, c. 43rv.
                   45  Arsi, Fondo gesuitico, n. 721, I/1, fasc. 7, cc. 29r-30r.
                   46  Si tratta di otto individui che avevano (e avrebbero) avuto incarichi di rilievo nella
                Monarchia portoghese, a livello politico e/o militare, soprattutto in Brasile: Francisco
                de Távora, conte di Alvor, all'epoca presidente del Consiglio Ultramarino; António Félix
                Machado, marchese di Montebello, ex governatore del Pernambuco; Luís César de Me-
                neses, già governatore di Rio de Janeiro e futuro governatore-generale del Brasile; Go-
                mes Freire de Andrade, già governatore della capitania del Maranhão; Artur de Sá e
                Meneses, anche lui ex governatore del Maranhão e futuro governatore di Rio de Janeiro;
                Roque da Costa Barreto, António Luís Coutinho e il marchese di Minas, António Luís
                de Sousa, tutti ex governatori-generali del Brasile.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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