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                   In tale situazione, de Magistris evidenziò comunque la necessità di
                tornare a diminuire le ammissioni dei «naturali della terra» nei collegi
                della Provincia, a partire da quello di Salvador da Bahia, così come di
                togliere a coloro che già ne facevano parte la possibilità di accedere
                agli incarichi principali; anche perché, a parere suo e dei confratelli a
                lui più vicini, i gesuiti nati in Brasile, oltre a mostrarsi «poco idonei»
                nell’osservanza religiosa, erano troppo invischiati nelle questioni locali
                e sensibili agli interessi economici dei gruppi familiari da cui proveni-
                vano, potendo perfino arrivare a immischiarsi in attività commerciali
                e a violare la segretezza relativa agli affari interni all’ordine .
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                   Lo scontro di opinioni su questi argomenti continuò anche dopo il
                forzato rientro di de Magistris in Europa. Nel 1666, infatti, il già ci-
                tato Barnabé Soares, gesuita nato e formatosi in Brasile, inviò una
                lettera di rimprovero al preposito generale Oliva, accusandolo in so-
                stanza di sottostimare le qualità dei nativi e quindi di precluderne
                l’accesso ai principali ruoli di governo e insegnamento, e di rimando
                prospettando velatamente la possibilità di fomentare «tumulti popo-
                lari» a Salvador da Bahia per mezzo dei suoi familiari e sodali . Tale
                                                                             57
                lettera faceva seguito a quella con cui l’anno prima i membri della
                Camera municipale della stessa città, a nome della «maggior parte
                dei residenti», riferendosi con allusioni minatorie a Giacinto de Ma-
                gistris e «agli altri religiosi stranieri»», avevano lamentato che i «na-
                turali di questo Stato» fossero considerati «incapaci nelle scienze e
                poco inclini alla virtù», quando invece «l’esperienza», dal loro punto
                di vista, mostrava il «contrario» . A queste «parole tanto inopinate»
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                rispose João de Paiva, uno dei gesuiti più vicini a de Magistris, bia-
                simando la «temeraria spavalderia» della Camera municipale e al con-
                tempo puntualizzando che la sola «madre e patria»» dei missionari
                ignaziani era la loro compagnia, cui essi appartenevano senza distin-
                zione alcuna tra «figli di questo Stato» (i gesuiti nati in Brasile) e «figli
                del Regno» (i gesuiti nati in Portogallo) .
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                   Nel 1667 lo stesso Paiva, sollecitato dal preposito generale Oliva,
                espresse la necessità di far addirittura allontanare dal Brasile l'infido
                confratello Barnabé Soares, il quale, evidentemente dando seguito alle
                sottili minacce di fomentare tumulti nella capitale coloniale, aveva so-
                stenuto un «maestro di campo» suo familiare nel preparare «con tutta
                la milizia» un'incursione contro il collegio gesuitico locale, che poi non
                si era compiuta per il passo indietro del viceré Vasco de Mascarenhas,


                   56  Ivi, n. 9, c. 176rv.
                   57  Cfr. S. Leite, História da Companhia de Jesus no Brasil cit., VII, pp. 41-58.
                   58  Arsi, Fondo gesuitico, n. 11/1369, VII/10.
                   59  Arsi, Brasiliae, n. 9, cc. 11r-12v.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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