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Nazioni e fazioni: la frammentazione della compagnia gesuitica nel Brasile coloniale  779


                    inizialmente  favorevole  all'iniziativa .  Soares  alla  fine  non  venne
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                    espulso, e tuttavia in una lettera indirizzata nel 1685 al preposito ge-
                    nerale Charles de Noyelle lamentò di essere stato ostacolato dal padre
                    provinciale António de Oliveira, pur nativo del Brasile come lui, che lo
                    aveva  allontanato  da  Salvador  da  Bahia  e  mandato  come  visitatore
                    prima nel Maranhão e poi nella Paraíba, «col fine di esiliarlo» .
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                       Ad ogni modo, il principale problema che determinò la «giacin-
                    tata» ai danni di de Magistris, sebbene non sempre palesato nella
                    corrispondenza tra Provincia e Curia Generalizia, fu quello relativo
                    all’eredità  dell’importante  “engenho”  di  Sergipe  do  Conde,  sulla
                    quale si era aperto da tempo un intricato contenzioso tra il collegio
                    gesuitico di Salvador da Bahia e quello di Santo Antão di Lisbona,
                    ciascuno  rivendicandone  la  proprietà  effettiva .  Tale  vertenza  fu
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                    aggravata dal fatto che i gesuiti di Salvador da Bahia, soprattutto i
                    nativi del Brasile o comunque quelli legati da rapporti di parentela
                    o interesse al potere politico locale, spingevano per vendere almeno
                    una parte delle terre dell’“engenho” ai notabili della regione. A fa-
                    vore di questa soluzione si attivarono, per esempio, i principali av-
                    versari di de Magistris, che sottoscrissero una proposta di cessione
                    nel 1659; e naturalmente si attivò anche il gesuita Barnabé Soares,
                    punto di riferimento dei notabili locali, le cui istanze furono appog-
                    giate dalla Camera di Salvador da Bahia in una lettera al re porto-
                    ghese Alfonso VI nel 1666 .
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                       Le  pressioni  affinché  almeno  una  parte  delle  terre  di  Sergipe  do
                    Conde fosse ceduta non incontrarono però l'approvazione dei vertici
                    romani dell'ordine, che preferirono far riferimento agli accordi stipulati
                    tra le parti nel 1663, a cui lo stesso de Magistris aveva contribuito. I
                    due collegi avrebbero dunque gestito secondo una contabilità separata
                    i rispettivi diritti su Sergipe do Conde, entro un quadro tuttavia più
                    favorevole ai gesuiti di Santo Antão, che avrebbero ottenuto il grosso
                    dei possedimenti, valutati 24 milioni di réis, mentre ai confratelli di
                    Salvador da Bahia sarebbe toccata la parte restante, pari a 16 milioni
                    di réis, oltre a un indennizzo compensativo e al diritto di utilizzare in
                    compartecipazione il mulino dell’“engenho” .
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                       Dal canto suo, de Magistris, anche a causa di tali accordi, venne
                    accusato fino all'ultimo dai suoi detrattori di aver ostacolato gli inte-
                    ressi locali e parteggiato per il collegio di Lisbona, ciò che lo spinse ad


                       60  Ivi, n. 3(II), cc. 52r-53v.
                       61  Ivi, cc. 212r-213v.
                       62  A tal proposito, cfr. M. Giuli, L'opulenza del Brasile coloniale cit., pp. 56-61.
                       63  Arsi, Brasiliae, n. 3(I), c. 317r.
                       64  Dhbn, n. 62, 1943, pp. 141-159; Ahul, Conselho ultramarino, 005-02, caixa 24,
                    doc. 2848, 2849.


                                               Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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