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604 Paolo Calcagno
l’imperiale […] non fanno intorno a questo punto obiezione alcuna» .
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Si trattava di «un mezzo per cento» che colpiva i mercantili battenti
bandiere “italiane” per le merci fatte arrivare dall’Italia e sullo zucchero
imbarcato per essere portato in Italia: talmente detestabile da far
esclamare al console che «questi genovesi in queste reggie dogane ten-
gono un’altra loro particolare dogana» .
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La vicenda della tassa per la chiesa introduce al nodo delle relazioni
tra operatori marittimi veneziani e mercanti attivi a Lisbona (gli «incet-
tatori dello zucchero», come li definì il console Gherro il 22 aprile
1777). Anche in questo porto atlantico – come nel caso di Cadice – la
mancanza di vere figure mercantili veneziane si faceva sentire: addi-
rittura in una lettera del 6 settembre 1780 si attestava la totale as-
senza di un insediamento “nazionale”, con l’eccezione di «qualche sud-
dito veneto vagabondo pezzente come Lazzaro» . In base alla corri-
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spondenza consolare, il commercio della piazza era in mano ai nego-
zianti autoctoni e a quelli inglesi, olandesi, tedeschi , genovesi. Se
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dalle lettere si passa ai manifesti di carico – allegati in taluni casi dai
consoli, dopo il loro visto – ci si può rendere conto, più nel dettaglio,
delle corrispondenze tra mercanti spedizionieri a Lisbona e mercanti
commissionari di stanza a Venezia. Su 143 partite di merci registrate
in un campione di dieci manifesti di carico risalenti agli anni della
guerra di indipendenza americana, ritroviamo 31 spedizioni di soggetti
o ditte portoghesi, 23 da parte di inglesi, 19 da parte di olandesi, 18
da parte di tedeschi e 30 da parte di spedizionieri e compagnie di ori-
gine italiana (di cui 22 di sicura origine genovese) . Tra i portoghesi,
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si contavano diversi mercanti impegnati nel rifornire regolarmente la
piazza di Venezia di zucchero: Anselmo Da Cruz, João Perreira, José
Dominguez «e figlio», Francesco Xavier Da Costa si ritrovano tutti più
62 Lettera del 5 dicembre 1780 (Asv, Vsm, Lettere dei consoli, 695). Si trattava evi-
dentemente della dimostrazione che Lisbona non era frequentata da altre marinerie “ita-
liane”.
63 Lettera del 15 gennaio 1782 (ibidem).
64 Ibidem. Più precisamente, il console Perelli affermava che «de veneti stabiliti siamo
sei, nessuno applicato alla mercatura». Il 5 dicembre di quello stesso anno si tornò a
osservare che «li veneti mercantili in questo porto [non avevano] alcun loro agente».
65 Della qualificata componente mercantile tedesca nella città di Lisbona, i consoli
veneziani si erano già accorti nella prima parte del secolo: in una lettera dell’8 maggio
1722 si riferiva che «li zuccari qui godono tuttavia l’esencione de dritti fora del Regno,
per il che li amburghesi continuano far grosse spedicioni» (Asv, Vsm, Lettere dei consoli,
694).
66 Completano il quadro alcune spedizioni di capitani di nave veneti «per sé stessi»,
degli stessi consoli (nel luglio 1776 Antonio Maria Gherro spedì a Venezia alcuni barili
di vino), e alcune registrazioni di mercanti di cui non siamo stati in grado di riconoscere
con certezza la nazionalità. Tutti i manifesti di carico analizzati si possono ritrovare in
Asv, Vsm, Lettere dei consoli, 695.
Mediterranea – ricerche storiche – Anno XIX – Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)