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                do della lingua» . Insomma, tale navigazione «ha il nome di veneta,
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                ma è de’ genovesi».
                   Altre volte, interveniva qualche leggerezza, come quella di traspor-
                tare merci di spettanza delle potenze belligeranti (erodendo in tal modo
                la fiducia nella bandiera veneziana da parte degli assicuratori della
                piazza di Lisbona), oppure quella di viaggiare senza il “rollo” dell’equi-
                paggio in ordine (stando ad apposite disposizioni francesi del 26 luglio
                1778, questa infrazione poteva giustificare una «buona presa») . Era
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                proprio la guerra di corsa il principale ostacolo per le navi veneziane
                attive nel “Ponente alto”. A volte nell’area dello stretto i corsari spagnoli
                prendevano di mira anche i legni marciani, tanto da far esclamare ad
                Anselmo Perelli che «la presente guerra sarà più perniciosa alle nazioni
                neutre che all’inglesi stessi contro de quali è diretta» . Il 29 agosto
                                                                     78
                1780 il console veneziano riferì di un capitano dalmata di nome Budi-
                nich che con un carico di zucchero dei «stabilimenti francesi d’Ame-
                rica» si era rifugiato sull’isola di Madera, minacciato da un corsaro
                inglese . E il 28 novembre dello stesso anno i capitani veneti erano in
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                apprensione per le possibili azioni corsare progettate dai marocchini,
                il cui sovrano era irritato con il viceconsole veneziano per una faccenda
                di doni .
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                «Per le scale del Ponente»: Genova snodo della navigazione vene-
                ziana in Atlantico

                   All’inizio del 1778, al console francese a Genova pareva manifesta
                «la préférence que les Génois donnent aujourd’hui aux pavillons de
                Venise et de Raguse» , i quali a differenza della bandiera francese non
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                risultavano associati a nessuno dei contendenti della guerra america-


                   76   Ciò  conferiva  agli  operatori  genovesi  un  potere  contrattuale  enorme  («potrebbe
                temersi che non dessero occupazione in avvenire alli veneti bastimenti»); ma per quanto
                «nemici del nome e del commercio veneto, che se potessero distruggerlo e levarne dal
                mondo la memoria lo farebbero volentieri», per il loro utile i genovesi finivano per servirsi
                regolarmente del naviglio veneziano (lettera del 5 dicembre 1780: Asv, Vsm, Lettere dei
                consoli, 695).
                   77  Lettere del 5 settembre 1780 e del 31 luglio 1781 (ibidem).
                   78  Lettera del 14 dicembre 1779 (ibidem). In realtà, tali prede erano vietate in base
                alle «provvidenze prese dalla corte di Spagna» il 1 luglio 1779 (che si trovano in allegato
                alla documentazione consolare).
                   79  Un anno dopo un certo José Joans Dees – che si proponeva ai Cinque Savi alla
                Mercanzia  come  viceconsole  veneziano  a  Madera  –  riferì  che  lo  zucchero  lasciato
                sull’isola dal Budinich era stato caricato da una galea veneziana comandata da Giovanni
                Biondo (ibidem, lettera del 30 giugno 1781).
                   80  Ibidem.
                   81  ANP, AE/B/I/597. Lettera del 5 gennaio 1778.



                Mediterranea – ricerche storiche – Anno XIX – Dicembre 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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