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Rotta a Ponente: la navigazione veneziana in Atlantico e il commercio di generi... 607
ingresso nell’Atlantico battenti bandiera veneta proseguivano verso la
Manica, o facevano viaggi nell’Atlantico stesso al servizio dei negozianti
di Lisbona; ma evidentemente la sensazione dei consoli veneziani nei
porti iberici era che si sarebbe potuto fare molto di più.
Un’altra potenziale fonte di problemi era costituita dall’abitudine di
collaborare con i genovesi nel commercio di contrabbando, che se da
una parte poteva dare dei vantaggi, dall’altra rischiava di esporre i ca-
pitani veneti al rigore delle autorità doganali portoghesi. Lo strata-
gemma utilizzato maggiormente dai mercanti liguri era quello di stoc-
care le merci nel convento dei Cappuccini e di imbarcarle di nascosto
sulle navi veneziane. «Io tremo quando sento che qualche genovese
carica su qualche bastimento veneziano», si legge nella lettera conso-
lare del 6 settembre 1780. E in altra missiva trasmessa a Venezia un
anno dopo (28 agosto 1781) si denunciavano le stesse pratiche nel
senso opposto: «Tizio in Genova» consegnava un certo quantitativo di
merce a un capitano di nave sopraggiunto dalla Laguna; lo stesso di-
ceva al capitano: «per il semplice nolo voi non potete pretendere più di
una genuina, ma se vi obbligate di conseguire i detti effetti nelle mani
di Caio in Lisbona ve ne d[arò] 20» . A questo proposito, non c’era
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dubbio che per qualche tempo fosse stato più semplice fare traffici
illeciti, approfittando della «confusione prodotta dal terremoto» e del
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fatto che «il governo era intento a rifabbricare la città ed estirpare i
gesuiti»; ma «superate tutte queste difficoltà», il livello di sorveglianza
era sensibilmente cresciuto, con visite a sorpresa nelle botteghe e con-
trolli a campione nei libri contabili dei mercanti . Il console Perelli
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commentò nella lettera dell’agosto 1781 che i veneziani stavano «esa-
gerando coi contrabbandi»; dando però ad intendere che non c’erano
molte altre soluzioni, visto che la navigazione “nazionale” era legata a
doppio filo al capitale genovese: «non avendo li veneti mercanti in que-
sto porto alcun loro agente», essi erano costretti a «spedire le loro mer-
canzie e […] addossare le loro commissioni a forestieri», e si rivolgevano
«particolarmente alli genovesi, in preferenza dell’altri, forse per como-
73 Per approfondimenti sulla monetazione genovese si veda G. Felloni, G. Pesce, Le
monete genovesi: storia, arte ed economia nelle monete di Genova dal 1139 al 1814,
Cassa di risparmio di Genova e Imperia, Genova, 1975. In questa missiva, capitan Luca
Giadrosich veniva segnalato dal console in ingresso a Lisbona con merce di contrab-
bando caricata a Genova per il valore di 3.000 zecchini (veneziani).
74 Si segnala la recente uscita di R. Tavares, Il piccolo libro del grande terremoto.
Lisbona 1755, Tuga Edizioni, Roma, 2019.
75 Nel 1771 aveva tenuto banco l’arresto di due esponenti della famiglia genovese
Cambiaso, tra i maggiori mercanti della città; in tale occasione erano stati sottoposti a
verifica tutti i registri di conto delle «case di negozio» operanti in loco (ASG, Archivio
segreto, 2659, lettera del console genovese a Lisbona).
Mediterranea – ricerche storiche – Anno XIX – Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)