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                «solitario studio» , partecipò lo stesso De Marco, inviando da Napoli
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                un’egloga in latino, un dialogo tra due pastori i cui nomi, Titiro e Me-
                libeo, richiamavano i protagonisti della prima egloga delle Bucoliche di
                Virgilio . In una lettera allo zio Carlo Baoxich del febbraio di quel-
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                l’anno, De Marco scrisse di aver composto non senza fatica, su richie-
                sta di Ferdinando, «un’ecogla, che più meglio chiamar si potrebbe una
                satira. Lo stento con cui l’ho fatta se lo può V.S. imaginare […] ad’ogni
                maniera ho fatto quel che sapevo. Iddio ci aiuti e ci liberi da qualche
                critica» .
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                   Fu questa la sua unica partecipazione alle accademie sanvitesi di
                cui si ha notizia tanto nell’epistolario quanto nel manoscritto sopra
                menzionato. Rifiutò di partecipare a quella prevista per il giugno del
                1730 perché gravato di eccessivi impegni, ma anche perché i compo-
                nimenti  poetici,  come  scrisse  a  Ferdinando,  danneggiano  l’anima  e
                ostacolano la ricerca della verità .
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                   In questo episodio si può notare, già dalla sola scelta della tipologia
                di componimento, l’influenza su De Marco dei gusti letterari promossi
                dall’Accademia dell’Arcadia, il rifiuto del barocchismo e il ritorno al clas-
                sicismo non formale, seppur la sua concezione della poesia sembra tra-
                valicare quella di Gianvincenzo Gravina, tra i fondatori dell’Arcadia, fau-
                tore e promotore, al contrario, di una poesia in grado di assolvere a un
                compito di educazione civile . Ulteriore conferma di questa sua ade-
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                sione alle nuove tendenze filosofico-letterarie di primo Settecento, si può
                ad esempio scorgere nella raccomandazione all’amico della lettura della
                Didone abbandonata di Metastasio – «legga per amor mio la Didone» ,
                                                                                  51
                annotò in postilla a una lettera dell’ottobre 1730  –  l’opera e l’autore
                maggiormente rappresentativi del movimento arcadico.
                   Si è detto di come l’epistolario rifletta la natura intima del rapporto
                tra i due amici. È lo stesso De Marco a fornire la cifra del loro legame
                in una lettera del dicembre 1730, quando rimproverò De Leo per aver
                appreso da altri a Napoli la notizia di un suo possibile matrimonio: «ho
                gran ragione di lamentarmi fratello mio, mentre vi nascondete di me,
                quando qualunque cosa mia ve l’ho comunicata più che se foste un



                   46  Bad, ms. F/7, cc. 12r-36v.
                   47  Ivi, cc. 26rv.
                   48  Ivi, ms. B.29, c. 83v, lettera a Carlo Baoxich del 18 febbraio 1730.
                   49  «Quanto alla ricerca della verità, et all’anima sian nocive [le composizioni poetiche]
                potrallo V.S. scorgere da quel passo di S. Geronimo nella pistola 146 a Damaso riferito
                da Purchozio nel proemio della Filosofia». Ivi, ms. B.29, cc. 69rv, lettera del 10 giugno
                1730.
                   50  A. Quondam, Cultura e ideologia di Gianvincenzo Gravina, Mursia, Milano, 1969;
                Id., Filosofia della luce e luminosi nelle egloghe del Gravina: documenti per un capitolo
                della cultura filosofica di fine Seicento, Guida, Napoli, 1970.
                   51  Bad, ms. B.28, c. 98r, lettera del 28 ottobre 1730.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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