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122 Davide Balestra
Non meno significativo un passaggio di una lettera successiva, nella
quale De Marco aggiunse un ulteriore particolare dell’incontro con Bo-
navoglia, critico nei confronti dell’Istoria civile di Giannone, «opera
tanto dall’eruditi di questa nostra città stimata, lasciando alla di lei
considerazione – aggiunse – che avesse detto contro della Moderna» .
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Non mancano, a tal proposito, nel carteggio con De Leo, notizie sulle
sue letture filosofiche che testimoniano la conoscenza – e la propen-
sione di entrambi – degli autori di quella cultura nuova ormai diffusasi
a Napoli. Nell’aprile del 1730, in risposta a De Leo che chiedeva con-
sigli sulle «filosofie», De Marco suggerì all’amico che «se vuole impu-
gnato Cartesio sarebbe buona quella d’Isacco Newton» e Rohault , o
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ancora, scrisse, «io penzerei a Purchozio» . Riferimenti che dimo-
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strano non solo la sua familiarità con questi autori, ma anche la dif-
fusione delle correnti nuove del pensiero scientifico e filosofico mo-
derno in ambiente napoletano.
Avversione per la filosofia e la teologia scolastica, regalismo e anti-
curialismo sono dunque elementi già presenti, in maniera più o meno
matura, nel giovane De Marco. L’essere un «paglietta», come lo avrebbe
definito Tanucci usando un’espressione in voga nella Napoli di quel
tempo, non gli impediva, tuttavia, di essere animato da una sincera
religiosità e da un forte rigorismo, che lo portava a stigmatizzare la
condizione in cui versava in quegli anni la chiesa. In maniera traspa-
rente emerge nel carteggio la sua critica alle istituzioni ecclesiastiche,
che non risparmiava né il papato, né gli ordini religiosi. All’amico non
lesinava notizie che giungevano a Napoli da Roma le quali, riferiva,
«piuttosto deplorar bisogna, che scrivere, vedendosi la Chiesa di Dio a
mal partito ridotta» . Non pochi, inoltre, sono i rimandi alle voci poco
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edificanti sulla corte di Benedetto XIII e sulla negativa influenza eser-
citata dai cardinali Coscia e Fini e dal gruppo dei beneventani, «quali
tutti desidererei vedere su d’un patibolo – scriveva – non avendo ne
men lasciate le pietre al Comavero Pontificio» .
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79 Bad, ms. B.28, c. 30r, lettera del 19 marzo 1729. Bonavoglia, scrisse in seguito,
«avveduto nel discorso meco faceva, disse di volersela copiare». Atteggiamento che portò
De Marco a un’ironica, quanto significativa, riflessione: «O povero Aristotele così tradito
e lasciato senza raggione».
80 Jacques Rohault (1618-1672), filosofo, matematico e fisico, seguace del cartesia-
nesimo. De Marco fa riferimento al Tractatus Physicus, traduzione latina del suo Traité
de physique, stampato a Napoli, con le note di Samuel Clarke, qualche anno prima,
fondamentale per la diffusione in Europa delle teorie di Newton. V. Ferrone, Scienza
natura religione cit., p. 91.
81 Bad, ms. B.29, c. 64r, lettera del 22 aprile 1730. Edme Pourchot (1651-1734), profes-
sore di filosofia all’Università di Parigi, noto per le sue posizioni cartesiane e anti aristoteliche.
De Marco si riferisce qui alla sua opera più famosa, le Institutiones philosophicae.
82 Bad, ms. B.29, c. 14v, lettera del 20 agosto 1729.
83 Ivi, ms. B.29, c. 80r, lettera del 28 agosto 1730.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)