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                   «Onestissimo e giansenista» l’avrebbe descritto lo stesso Tanucci a
                Galiani , ricordando, non a caso, la sua educazione in ambienti do-
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                menicani: qui le idee gianseniste penetrarono con relativa, maggiore
                facilità, per la comune condivisione sia della tesi sull’efficacia intrin-
                seca della grazia sia della necessità di una riforma morale e spirituale
                della chiesa .
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                   La  sua  vicinanza  all’ambiente  domenicano  è  testimoniata  anche
                dalla scelta di un confessore dell’Ordine, effettuata negli ultimi mesi
                del 1728. Solo nella primavera successiva, De Marco rivelò a De Leo
                di aver rinunciato a tale padre Capriolo, forse conoscenza dello zio Ia-
                copo, e di temere che questi avesse riferito alla famiglia la sua lonta-
                nanza dalla confessione e dai sacramenti da circa sei mesi. Il giovane
                attribuì a questo presunto “tradimento” di Capriolo il tono inconsueto,
                algido e distaccato, delle ultime lettere giunte da Brindisi. Pregò dun-
                que l’amico di verificare la consistenza dei suoi sospetti e di rassicu-
                rare, eventualmente, lo zio Iacopo: «se V.S. ciò scuoprisse li potrà in-
                sinuare scrivesse dal P. Pascale Maestro in S. Domenico Maggiore» .
                                                                                  94
                Non sono chiari i motivi che spinsero De Marco a ricusare il sostegno
                spirituale di Capriolo, ma è probabile che disapprovasse le sue ecces-
                sive ingerenze, non solo nel chiuso del confessionale. Al di là di questo
                difficile rapporto, tuttavia, la scelta di un confessore domenicano sug-
                gerirebbe un’affinità tra le posizioni teologico-spirituali dell’Ordine e la
                sua sensibilità religiosa. Una simpatia peraltro esplicitata dallo stesso
                De Marco in occasione del primo incarico del suo percorso forense:
                «godo sia il primo negozio de PP. Domenicani a quali ho portato sempre
                genio, e così spero v’avessimo ad aver buona sorte» .
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                6. La «salita» nei tribunali

                   All’età di 18 anni, nel novembre del 1729, De Marco fece la sua
                «salita» nei tribunali, entrando nello studio dell’avvocato Vitale De Vi-
                tale, personaggio che ebbe un’importanza fondamentale per la sua for-
                mazione e la sua carriera futura.
                   Figura ignorata dai biografi di De Marco, e la cui importanza emerge
                invece dalla corrispondenza con De Leo, De Vitale fu un noto avvocato
                nella Napoli di inizio Settecento. Originario di Castrovillari, città che


                   92  M. Vinciguerra, La reggenza borbonica nella minorità di Ferdinando IV, Aspn, XI
                (1915), pp. 576-91; XLI (1916), pp. 100-23, 337-53, 493-515; XLII (1917), pp. 184-221:
                1916, p. 111.
                   93  M. Miele, G. Cioffari, Storia dei Domenicani nell’Italia meridionale, Editrice Dome-
                nicana Italiana, Napoli-Bari, 1993, pp. 438-441.
                   94  Bad, ms. B.28, cc. 40r-41r, lettera del 28 maggio 1729.
                   95  Ivi, ms. B.29, c. 41v, lettera del 19 novembre 1729.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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