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126 Davide Balestra
Un episodio, quest’ultimo, non anomalo, e che dimostra come an-
che gli avvocati avessero pesanti responsabilità rispetto alle lungaggini
processuali 102 .
Col passare dei mesi, a De Marco giunsero numerose lamentele da
Brindisi per i ritardi dell’iter giudiziario, alle quali rispose cercando
anche l’appoggio e la comprensione di De Leo: «voi sapete che vuol dir
Napoli, che perciò compatitemi» 103 , scrisse nel 1731; e ancora, qualche
lettera dopo, raccomandò all’amico di ricordare agli interessati quella
«eternità di Napoli» 104 che sarebbe stata oggetto di un duro sfogo nel
maggio dello stesso anno: «io più non mi distendo si per esser notte,
si perché per la rabbia non posso più scrivere, mentre vedo iniquità,
bestialità e per Ministri Ciucci. Pazienza» 105 . Tuttavia, seccato dalle
voci che imputavano a lui i ritardi dell’iter processuale, e forse colpito
anche dall’atteggiamento di De Leo, che sembrava non difendere ade-
guatamente il suo operato, De Marco mostrò tutto il suo orgoglio in
una significativa lettera del marzo 1731:
Ferdinando mio caro io lode al Cielo porto negozi d’altro rimarco […] Chi
parla non sa che dirsi, ne V.S. attenda alle ciarle altrui. Io qui presente t’avrei
voluto a veder le fatighe fatte [...]. Onde bisogna compensare il dolce
coll’amaro. Se la causa non vi premeva, non m’avesse V.S. scritto che accu-
dissi, mentre così da me non si sarebbe fatto niente. In unum, se V.S. non ha
mandato i denari, li tenga […]. Conosco che mi sono trasportato, però il zelo
dell’onor mio a tanto m’ha forzato, e mi creda, che l’ho intesa nell’animo. E se
occorsa fosse con altri, e non con voi fratello carissimo, avrei in verità aguzzata
d’altra maniera la penna 106 .
Al di là di questa querelle giudiziaria, non ancora conclusa nel 1737
e che avrebbe continuato a «creparlo» 107 , è evidente, esaminando le
lettere di questi anni, che De Marco, col tempo, si muovesse con sem-
pre maggiore disinvoltura nell’ambiente giudiziario partenopeo e
avesse ampliato la sua rete di conoscenze. Tra i personaggi citati nelle
lettere del triennio 1729-31 troviamo, ad esempio, l’avvocato Ferdi-
nando Latilla, in seguito Consigliere della Real Camera di Santa
Chiara e fratello di Benedetto, precettore di Ferdinando IV; o Biagio
Troise, docente presso l’Università dei Regi Studi, uno dei maggiori
102 M.N. Miletti, Ordine legale e potere giurisdizionale cit.
103 Bad, ms. B.28, c. 133v, lettera del 10 febbraio 1731.
104 Ivi, ms. B.28, c. 140v, lettera del 26 febbraio 1731.
105 Ivi, ms. B.28, c. 161v, lettera del 12 maggio 1731.
106 Ivi, ms. B.28, cc. 145v-146r, lettera del 17 marzo 1731.
107 «Sento che V.S. sia rimasta delusa in legger la mia lettera; e pure ho scritto la
metà di quanto occorre; onde può imaginarsi quanto io viva più crepato». Ivi, ms. B.28,
c. 243r, lettera del 2 marzo 1737.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)