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Formazione e ascesa di un homo novus nella Napoli austriaca 127
esponenti, a Napoli, della cultura cartesiana 108 . In questi mesi lo ritro-
viamo dunque sempre più occupato, spesso a lavorare fino a tarda ora
nella casa di De Vitale, come in occasione di una causa che il marchese
del Vasto, Giovan Battista d’Avalos 109 , «aveva contro suo zio d. Andrea
ascendente alla somma di ducati 500 mila» 110 .
De Marco nutriva profonda stima per il suo dominus, «il quale per
la sua rara virtù – scriveva a De Leo – si fa da tutti i Ministri ancor
temere e rende celebri le cause [che] patrocina» 111 . Il suo ruolo negli
affari di De Vitale divenne sempre più rilevante. Quando questi si tro-
vava per affari lontano da Napoli, De Marco si occupava di molte delle
sue cause, «lo che non da tempo – scriveva – ne meno di mangiare […]
dovendosi accudire per cause di rimarco, e de Primi Signori di questo
Regno» 112 . Parole, queste ultime, sintomatiche del primato raggiunto a
Napoli dal ceto togato e che confermano quanto scritto da Francesco
D’Andrea alla fine del Seicento: «come il regno è tutto pieno di liti e vi
sono cause di grandissimi stati e di opulentissima eredità, gli avvocati
può dirsi che governino tutto il regno». A tal punto che i nobili «in tutte
le cose li riconoscono come loro superiori non che equali, talmente che
solo in Napoli par che le voci patronus e cliens stiano nel lor vero si-
gnificato» 113 .
La mole di lavoro del giovane De Marco aumentò ulteriormente dopo
il 1733, quando De Vitale fu nominato Consigliere della Real Camera
di Santa Chiara 114 . Tale carica era stata «comperata», si leggeva nel
sintetico profilo redatto l’anno successivo nell’ambito di un’inchiesta
sui magistrati napoletani promossa dal neo insediato governo borbo-
nico 115 . In quello stesso profilo, De Vitale era descritto come «uno de’
primi giureconsulti del Regno. È uomo di buoni costumi, onorato, pon-
tuale e dotto nelle materie legali, sebbene di mente non troppo chiara,
ed adeguata» 116 . Negli anni successivi alla salita al trono di Carlo di
108 Cfr. I. Ascione, Seminarium doctrinarum. L’università di Napoli nei documenti del
‘700. 1690-1734, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1997, p. 407.
109 Giovan Battista d’Avalos (1694-1749), IX marchese del Vasto. La causa di cui
parla De Marco in questa lettera, legata alle vicissitudini patrimoniali di Giovan Battista,
è quella col Duca di Celenza, Andrea D’Avalos. Cfr. F. Luise, I d’Avalos. Una grande
famiglia aristocratica napoletana nel Settecento, Liguori, Napoli, 2006. Riferimenti all’at-
tività di De Vitale nel contenzioso del marchese del Vasto si trovano tra le carte dell’ar-
chivio d’Avalos, per cui si veda Ead., L’Archivio privato d’Avalos, Clio Press, Napoli,
2012, p. 182.
110 Bad, ms. B.28, c. 85r, lettera del 9 settembre 1730.
111 Ivi, ms. B.28, cc. 143rv, lettera del 10 marzo 1731.
112 Ivi, ms. B.28, c. 171r, lettera del 9 giugno 1731.
113 F. D’Andrea, Avvertimenti ai nipoti cit., pp. 144-145.
114 Bad, ms. B.28, c. 193r, lettera del 29 agosto 1733.
115 Cfr. G. Caridi, Essere re e non essere re. Carlo di Borbone a Napoli e le attese
deluse (1734-1738), Rubettino, Soveria Mannelli, 2006, pp. 87-131.
116 Ivi, pp. 254-255.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)