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130 Davide Balestra
luta per “il servizio del re e dello stato”, dall’altro garantiva, a coloro
che davano prova di tali virtù nello svolgimento dei propri compiti, il
suo sostegno per la promozione a incarichi prestigiosi 128 . Fu così per
Diodato Targiani, Ferdinando Galiani e, anche, per Carlo De Marco.
Il rigore, l’integrità e l’intelligenza con cui svolse anche questo in-
carico 129 persuasero Tanucci, sei anni più tardi, a proporlo come mem-
bro del consiglio di reggenza di Ferdinando IV e ad affidargli la guida
delle segreterie di stato di Grazia e Giustizia e degli affari ecclesiastici.
«Incoraggi quella degna pianta di D. Carlo de Marco, che Ella ha fatto
germogliare», scrisse Galiani al ministro toscano in una lettera di que-
gli anni 130 . L’uomo nuovo Carlo De Marco giunse così alle magistrature
centrali. Guidò le due segreterie per circa trent’anni e, nel 1761, alla
morte di Giulio d’Andrea, unì a queste anche quella, ad interim, di
segretario d’azienda 131 .
Il carteggio con De Leo si interrompe al 1751. Di quell’anno si con-
servano solo due lettere, entrambe scritte da Matera. L’epistolario non
copre, dunque, il «periodo ministeriale» di De Marco, ma permette di
colmare alcune lacune sui suoi anni giovanili e di arricchire il ritratto
di quell’homo novus, giunto dalla provincia, che fu uno dei principali
artefici del riformismo napoletano settecentesco. L’ampliamento della
giurisdizione laica a scapito di quella ecclesiastica, l’espulsione dei ge-
suiti, la controversia riguardante l’insegnamento delle “Decretali”, fu-
rono solo alcuni dei provvedimenti e delle vicende giocate sull’impervio
terreno del rapporto tra stato e chiesa in cui egli recitò un ruolo da
protagonista 132 .
128 M.G. Maiorini, La reggenza borbonica cit., p. 114.
129 «Che non fece egli in questa carica importantissima? Mille opere buone promosse;
mille disordini corresse; mille abusi via tolse. Divenne ben presto la delizia, e l’amore
della bella Provincia di Terra di Lavoro; che tra gli applausi, e le benedizioni tuttavia
rammenta con grata tenerezza il suo nome». G. Castaldi, Delle lodi del marchese Carlo
De Marco, Presso Vincenzo Orsini, Napoli, 1802, pp. 7-8. Le parole di Castaldi, dal tono
indubbiamente celebrativo, trovano, tuttavia, conferma in una storia della città di
Ischia, nella quale si ricorda il suo energico intervento per «purgar l’isola da malviventi».
G. D’Ascia, Storia dell’isola d’Ischia, Stabilimento tipografico di Gabriele Argenio, Napoli,
1868, p. 206.
130 M. Vinciguerra, La reggenza borbonica cit., 1906, p. 110.
131 Nell’occasione, fu ancora Tanucci a consigliare il ministro brindisino a Carlo III,
elogiando la sua «probità infinita, penetrazione somma, zelo, vigilanza, attenzione, atti-
vità senza pari». Lettera di Tanucci a Carlo III, 28 aprile 1761, in Lettere di Bernardo
Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776), a cura di R. Mincuzzi, Istituto per la storia
del Risorgimento italiano, Roma, 1969, p. 76. Per un quadro dei titolari delle segreterie
di stato nel primo periodo borbonico si veda C. Salvati, L’azienda e le altre segreterie di
Stato durante il primo periodo borbonico (1734-1806), Quaderni della “Rassegna degli
archivi di Stato”, 14, Roma, 1962, in particolare pp. 67-73.
132 Cfr. A. Panareo, Il ministro Carlo de Marco cit.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)