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144 Erica Joy Mannucci
Solo una volta nel decennio successivo, sotto il Direttorio, Pio si
sarebbe espresso in qualità di italiano sulla stampa francese. Reagì
infatti polemicamente con un sonetto scritto nella lingua madre ad
alcune rime apparse sul «Journal de Paris», composte da un gruppo
di noti verseggiatori per celebrare la parata delle opere d’arte confi-
scate in Italia organizzata a Parigi per il 9 termidoro anno VI (27
luglio 1798). D’altra parte, l’intervento dell’ex diplomatico natura-
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lizzato era interno al dibattito parigino, in linea non solo con le
prese di posizione indignate di numerosi artisti francesi, ma soprat-
tutto con l’opinione filoitaliana della sinistra giacobina, le cui de-
nunce politiche erano state avviate proprio da Sylvain Maréchal,
autore del Manifesto degli Eguali babuvista, con la pubblicazione
del veemente pamphlet Correctif à la gloire de Bonaparte, uscito a
Parigi in francese e in italiano nel dicembre del 1797, con il pole-
mico luogo di stampa «Venezia».
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Se davvero vi fu da parte di Pio una rivalutazione della propria
origine italiana, essa fu dettata – dopo Termidoro, ma soprattutto
sotto Napoleone e con la Restaurazione – da necessità economiche,
quando l’insegnamento della lingua e la pubblicazione di sussidi
didattici in italiano divennero la sua fonte principale di sostenta-
mento. D’altra parte, come osserva Peter Burke tenendo conto di
lunghe durate storiche, dall’età moderna al Novecento, la lingua
madre è una forma di capitale intellettuale per l’espatriato, gli con-
sente di guadagnarsi da vivere: «L’espatrio trasformò molti esuli in
traduttori, coerentemente in un certo senso, dal momento che essi
stessi erano stati “tradotti”, nel significato arcaico del termine, in
altre parole trasferiti da un posto all’altro» . Una seconda domanda
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su Pio riguarda dunque il suo profilo di espatriato, potenziale già
prima della Rivoluzione, quando egli cominciò a identificarsi con i
venti di libertà d’oltreoceano.
Certo, Luigi Pio è un personaggio tutt’altro che ignoto agli studiosi
italiani dell’epoca rivoluzionaria, ma molto rimane ancora da
con Napoli per dimostrare ai patrioti francesi che aveva riferito senza esitare sin dall’ini-
zio la verità sulla Rivoluzione, inascoltato dal proprio re.
39 Ringrazio Anna Maria Rao per questo prezioso riferimento, rinvenuto tra le carte
del Fondo Nicola Ferorelli, cart. 4, dell’Archivio di Stato di Milano, al Sonetto di Pio ap-
parso nel numero 868 del «Journal des campagnes et des armées», foglio fondato da un
altro espatriato, il piemontese Guglielmo Francesco Galletti (allora da poco deceduto).
Le rime menzionate erano firmate dai membri di un club che raccoglieva i più noti vau-
devillistes parigini, tra i quali Barré, Piis, i fratelli Ségur: Auteurs des Diners du Vaude-
ville, Couplets pour être chantés à la fête des Arts, «Journal de Paris», 309, 9 thermidor
an VI, pp. 1295-1296.
40 Su questi dibattiti si veda M. Vovelle, Il triennio rivoluzionario italiano visto dalla
Francia, 1796/1799, a cura di E.J. Mannucci, Guida, Napoli, 1999.
41 P. Burke, Espatriati ed esuli cit., p. 33.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)