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                prelati siciliani, affidando tale scelta ai corrispondenti arcivescovi me-
                tropolitani ; la seconda, più radicale e duratura, e infatti di più com-
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                plicata attuazione, prevedeva invece di poter contare su vescovi che
                «sean  hombres  suficientes  y  asistan  en  sus  yglesias  de  propósito  y
                como verdaderos desponsados» . Il re, tuttavia, aggiungeva una terza
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                possibilità nel caso di vescovi che «por enfermedad o otros accidentes»
                fossero inabili al governo della diocesi, cioè quella di nominare dei coa-
                diutori .  Fu  quanto  tentato  a  Palermo,  dove  l’arcivescovo  Diego  de
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                Haedo per più di dieci anni (dal 1596 al 1608) «no hubo forma de per-
                suadirle» ad accettare un coadiutore con futura successione, nomina
                che egli contestò presso la Sede romana. Il papa Clemente VIII, con-
                vinto che Haedo «cumple con la obligación de su officio (por muy viejo
                que sea) [...] no quiso passarla y assí no tuvo effecto aquello» . Solo
                                                                             50
                con il nuovo pontefice (e non casualmente, credo) e giusto alcuni mesi
                prima della morte dell’arcivescovo, fu finalmente ratificata una nuova
                presentazione a favore del menzionato cardinale Giannettino Doria,
                che avrebbe retto la diocesi fino al 1642, anno della sua morte .
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                   Roma cercò anche per altre vie di ridimensionare il patronato regio
                siciliano: vincolare alle emissione delle rispettive bolle apostoliche le
                concessioni di dignità e prebende di alcune chiese cattedrali, fino a
                quel momento gestite in proprio dai presuli ; modificare le clausole di
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                   47  Ibidem.
                   48  Ivi, viceré Feria a Filippo III (Palermo, 12 marzo 1604). La questione dei trasferi-
                menti di sede, il cosiddetto «carrusel de los obispos», particolarmente frequenti proprio
                nel corso del ’600, fu oggetto di ampio dibattito teologico (lasciare una diocesi per un’al-
                tra configurava una sorta di “adulterio episcopale”) ed economico (i costi finanziari di
                questa girandola di prelati, emissione di bolle apostoliche e rendite delle sede vacanti,
                erano infatti a tutto vantaggio della Camera apostolica): M. Barrio Gozalo, El Real Patro-
                nato y los obispos españoles cit., pp. 166-173. Per il caso siciliano, cfr. F. D’Avenia, El
                carrusel de los obispos. Redes eclesiásticas en la Monarquía católica, in A. Jiménez Es-
                trella, J.J. Lozano Navarro, F. Sánchez-Montes González (eds.), Urdimbre y memoria de
                un imperio global. Redes y circulación de agentes en la Monarquía Hispánica, Editorial
                Universidad de Granada, Granada, 2023, pp. 551-571.
                   49  Ags, Sp, leg. 1510, Filippo III al viceré Feria (Valladolid, 7 agosto 1604).
                   50  La nomina di coadiutore era stata fatta nel 1602 nella persona del cardinale Ter-
                ranova, il siciliano Simone Aragona Tagliavia. Si trattava del fratello di Carlo, duca di
                Terranova, il celebre magnus siculus: F. D’Avenia, Gianettino Doria cit., pp. 87-92, 105-
                107; L. Scalisi, “Magnus Siculus”. La Sicilia tra impero e monarchia (1513-1578), Laterza,
                Roma-Bari, 2012, pp. 119-120.
                   51  Cfr. le consulte del Consiglio d’Italia in Ags, Sp, libro 777, cc. 8r-9v (Valladolid,
                26 ottobre 1601); cc. 12rv, 15v (Valladolid, 12 luglio 1602); libro 778, cc. 93r-94r (Ma-
                drid, 9 marzo 1607).
                   52  Ags, Sp, leg. 1510, Filippo III al presidente del Consiglio d’Italia (Madrid, 5 dicem-
                bre 1603). Per esempio, «el Datario scriviò una carta al arçobispo de Palermo para que
                no diese la colaçión de la chantría al licenciado Andrés Nieto», giustificando il diniego
                con il fatto che le principali dignità «después de la Pontifical no tocan a los ordinarios
                por ser reservadas a su Sanctitad»: ivi, viceré Feria a Filippo III (Palermo, 12 marzo
                1604); Filippo III all’ambasciatore Escalona (Valladolid, 7 agosto 1604).



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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